Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Isaotta Guttadauro ed altre poesie
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ISAOTTA GUTTADÀURO

II. BALLATA D’ASTÍOCO E DI BRISENNA

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II.

BALLATA D’ASTÍOCO E DI BRISENNA[34]

[35]

Amor, quando fiorìan ne ’l bel paese
il biondo Astíoco e Brisenna reina,
da ’l colle a ’l pian, da ’l fiume a la marina
sonavan alto le tue chiare imprese.

La terra di Brolangia era un verziere,
in figura d’un sistro, ismisurante.
Il verde paradiso due riviere
cingeano, come braccia d’un amante.
Il suol crescea meravigliose piante,
nudrito da le pingui alluvïoni.
Quivi tennero lieti eptameroni
il dotto Astíoco e Brisenna cortese.

La bontà che venìa da’ lor costumi
eradolce, o Amore, e sì profonda
che il suolo si coprìa di rose e i fiumi
volgean oro smeraldi ambra ne l’onda;
e, come ne la Tavola Ritonda,
ragionavano i tronchi e le fontane,[36]
potea la Luna su le menti umane,
munían gl’incanti ai prodi elmo e pavese.

Su la cima del bel colle d’Orlando
sorgevano i palagi, aperti a ’l giorno.
Diecimila colonne scintillando
ricorrevan per l’alte moli a torno.
Vi saliva una scala, in doppio corno,
ampia, coperta di fanti e d’arcieri,
di messi, di valletti e di levrieri,
di dame e di donzelle in ricco arnese.

Convenivan le donne de’ poeti
ivi, in un luogo detto Galaora;
e sedeano in su’ fulgidi tappeti,
ove li amor di Cefalo e d’Aurora,
illustri opere d’ago, uscieno fuora
qua e di tra le vesti ricoprenti.
Sedean le donne, in bei componimenti
di grazia, ad ascoltar la serventese.

Oh fontana d’Elai, per molti getti
ricadente ne ’l vaso di porfíro,
che dieci ninfe e dieci satiretti
reggean, piegati ad una danza, in giro!
Immergeavi una coppa di zaffiro
Brisenna, e la porgeva a ’l rimatore.
Celava l’acqua in virtù d’amore
che in cor mortale si facea palese.[37]

Ma le belle traevansi in disparte.
Venivan quindi per eguali torme
di sette; e digradando in lungo ad arte
imitare volean l’ímpari forme
de ’l flauto che il dio Pan seguendo l’orme
di Siringa construsse in su ’l Ladone.
Come le canne, l’agili persone
tutte vibravano, a la danza intese.

Ogni torma correa verso l’eletto.
Ad una ad una le bocche fragranti,
le bocche dolci più che miel d’Imetto,
egli baciava, splendido in sembianti.
Fuggia la torma, ed ecco l’altra avanti.
E svolgeasi così, lungo i roseti,
la danza; mentre li èmuli poeti
a tal vista fremean nuove contese.

Oh fontana d’Elai, dove son l’acque
che un fluiron per sì larga vena?
Dov’è il murmure tuo che tanto piacque
a ’l mite Astíoco e a Brisenna serena?
Cadde una notte ne ’l tuo sen la piena
Luna, divelta per forza di carmi.
S’infransero a ’l tremore orrido i marmi,
e fumaron stridendo l’acque incese.
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