Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Isaotta Guttadauro ed altre poesie
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BOOZ ADDORMENTATO

III.

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III.

Come Jacob e Judith, con le pálpebre chiuse
Booz giacea ne ’l grave sonno patriarcale.
Or la porta de ’l cielo su ’l suo capo si schiuse
e ne discese un sogno. Ed il sogno fu tale:

Booz vide una quercia fuor de ’l suo ventre in piena
vita sorgere e lenta giugner l’ultimo lume.
Una stirpe di umani vi s’ergea, qual catena:
un re cantava a ’l piede, moriva in alto un nume.

E mormorava Booz, sotto le verdi foglie:
— Come può mai, Signore, questo dunque accadere?
Su ’l mio capo fiorirono ottanta primavere:
ed io non ho figliuoli, ed io non ho più moglie.

Da gran tempo colei che meco ebbi giacente
ha lasciato il mio letto pel tuo letto, Signore;
e noi siam l’una all’altro ancor misti d’amore,
ella pur semiviva ed io quasi morente.

Una progenie nuova da me sorgere a gloria?
Or come posso io dunque aver prole, o Signore?
La prima giovinezza ha trionfanti aurore:
esce il da la notte come da una vittoria;[128]

ma la vecchiezza è tremula, quale ai venti alberello.
Io son vedovo, solo, ne ’l vespero, su ’l monte;
come un bove assetato piega all’acqua la fronte,
io l’anima reclino, mio Dio, verso l’avello. —

Così Booz parlava, ne la misteriosa
notte, e a Dio volgea l’occhio inerte; però che
l’alto cedro non sente a ’l suo piede una rosa
e non sentiva Booz una donna a ’l suo piè.

                      


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