Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Isaotta Guttadauro ed altre poesie
Lettura del testo

IDILLII

«HYLA! HYLA!»

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

                       «HYLA! HYLA

De la placida selva entro li abissi,
ove s’odon li egìpani bramire,
Ila di Misia, il giovinetto sire
a cui cingon la fronte i bei narcissi,

prono su la cerulëa sorgente
tutte le membra, in atto di ristoro,
v’immerge una sua grande anfora d’oro
con tardo gesto, dilettosamente.

Piegano a ’l peso de ’l metallo cavo
i calici de ’l loto; e treman l’acque
poi che l’efébo, ignudo come nacque,
in chinarsi v’intinge il suo crin flavo.

Ma da la man ch’è presa di languore
sfugge l’anfora e lenta si sprofonda:
ne ’l glauco vel la sua forma rotonda
appare qual meraviglioso fiore.[139]

L’Asïatico già tende le braccia
trepidamente verso l’imo ignoto:
attonito, fra i calici de ’l loto
ei vede arguta ridere una faccia.

Insidiose, in lunghi allacciamenti,
ondeggiano le najadi lascive:
balenano di riso ne le vive
bocche le chiostre nivëe dei denti.

Sogguardan elle con languida brama
Ila, si torcon elle in fra le piante.
— O figliuolo del re Teodamante,
non così dolce mai Ercole t’ama! —

— O tu, de li Argonäuti diletto,
a cui cingon la fronte i bei narcissi! —
Discopron elle in tra’ capei prolissi,
ridendo a sommo, il ventre bianco e il petto.

Or, prono a la soave riva, il lene
Ila sente vanir sua conoscenza,
quasi di bocca la divina essenza
d’un frutto gli si strugga per le vene.

E le najadi in lunga teorìa
sorgon, gli avvincon de le braccia il collo.
Ila chiomato, oh simile ad Apollo! —
Ei beve, ei beve; e il caro Ercole oblìa.
[140]

 

                      


«»

IntraText® (VA2) Copyright 1996-2013 EuloTech SRL