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Music, ho! music; such as charmeth sleep.
A midsummer-night’s dream Ac. II. Sc. II.
[150]
Ne la man con gesto lieve
da i virgulti accoglie l’onda.
[151]
Disegno di Alessandro Morani.
[152]
[153]
Quale un dio lieto che gode
in sua via sparger viole
e salire ode la lode
da la sua terrena prole,
su la selva alta, che tace,
dolcemente guarda il Sole.
Roco il vento, ne la pace,
mette sue rare parole.
Stanno li alberi aspettando,
con monili di rugiade.
Sopra l’erbe a quando a quando
una gemmea stilla cade.
Hanno li alberi stupore
de la forza che li invade;
ma non anche vive un fiore
su le braccia lunghe e rade.[154]
Pianamente viene l’Ora.
Ella, come l’Ebe, è bionda;
e de’ baci de l’Aurora
ella ancora è rubiconda.
Ne la man con gesto lieve
da i virgulti accoglie l’onda.
Guarda e ride. Quindi beve,
con felicità profonda.
E la selva a poco a poco
cede al fascino de ’l Sole.
Ne la pace, il vento roco
mette sue dolci parole.
[155]
Ondeggiano i letti di rose
ne li orti specchiati da ’l mare.
In coro le spose con lento cantare
ne ’l talamo d’oro sopiscono il sir.
Da l’alto scintillan profonde
le stelle su ’l capo immortale;
ne ’l vento si effonde quel cantico e sale
pe ’l gran firmamento che incurvasi a udir.
Ignudo, le nobili forme
consparso d’un olio d’aroma,
l’amato s’addorme: la sua dolce chioma
par tutta di neri giacinti fiorir.
Discende da’ cieli stellanti
un fiume soave d’oblio.
Le spose, pieganti su ’l bel semidio,
ne bevon con lungo piacere il respir.
[156]
Sotto l’acqua diffuse
verdeggiano le piante;
e in rigido adamante
paion constrette e chiuse.
Le coppe ampie de ’l loto
splendono ivi, non tocche:
su ’l loro stelo immoto
paiono aperte bocche.
Ancora il vaso d’oro
che a l’acqua Ila protese,
la vasta urna cretese
da ’l bel fianco sonoro,
fa co ’l suo grave pondo
le foglie ancor piegare.
Ma non s’odono a ’l fondo
le najadi cantare.[157]
Le najadi procaci,
che il giovinetto sire
ad Ercole rapire
osarono co’ baci,
giacciono a ’l fondo estinte
da gran tempo ne ’l gelo;
e le lor membra avvinte
che splendean senza velo,
quelle membra ove i lievi
fiori de ’l sangue allora
uscían brillando fuora
come rose tra nevi,
e li occhi ove saette
avea certe il disío,
e le bocche perfette
ove più d’un bel dio
trapassando per Colco
piacquesi a lungo bere,
e le chiome leggere
che segnavan d’un solco
aureo l’acque ne ’l nuoto
involgendo e portando
i calici de ’l loto
con un murmure blando,[158]
or tutto è inerte e informe
ne l’ime sedi algenti.
In biechi atteggiamenti
di morte, il coro dorme.
Dorme per sempre il coro
de le ninfe sommerse;
ma brilla il vaso d’oro
ch’Ila ne ’l fonte immerse.
[159]
Lungo il bel fiume, taciti
muovono i cigni a schiera.
Nobili e puri, splendono
quali forme di luce.
Un desío, ne la torbida
notte di primavera,
li aduna; e li conduce
a lidi più lontani.
Desío d’amori umani
forse li accende ancora.
A ’l lor remeggio s’aprono
l’acque in raggianti anelli,
e fan soave crepito
come innanzi a una prora;
cui rispondon con lento
murmure li arboscelli,[160]
cui talvolta rispondono
ne ’l gran silenzio intento
con iterati suoni,
come d’un riso, li echi.
Ai lidi i cigni muovono,
dove in profondi spechi
donne misteriose
da gran tempo prigioni
vivono, inconsce d’ogni
diletto de l’amore.
Come Leda Tindaride
a ’l dio Giove soppose
il bellissimo fiore
di sue membra (e ne’ sogni
de’ poeti, miracolo
di gioia, Elena sorse),
così le occulte najadi,
ch’entro l’adamantino
gelo de l’acque il Sole
non mai baciò nè scorse,
offriranno il lor vergine
seno. Ed un’alma prole
nascerà da’ connubii,
poi che il cigno è divino.
[161]
Prono, su ’l mar natale
cui nasconde la duna,
ride il sole autunnale,
dolce come la luna.
S’ode il mare pe ’l lido
gemere, lento e grave.
S’ode talora il grido
fievole d’una nave
che faticosa in vano
lotta co ’l vento avverso,
o il richiamo lontano
d’un uccello disperso,
o l’improvviso tuono
d’un’onda più gagliarda.
Ride il sole, già prono,
e dolcemente guarda.
[162]
Il porto ampio s’addorme,
stanco d’uman lavoro:
chiude un molle tesoro
entro il suo seno enorme.
Par che ne l’aria salga
un suo possente fiato:
è caldo e profumato
come di frutti e d’alga.
Arde qualche fanale,
raro tra la nebbietta:
il chiaror torbo getta
lunghe e péndule scale.
Ad ora ad or si leva
un flutto, e su le prore
fa trepido romore
qual d’un gregge che beva.[163]
Come crescono i vènti
de la terra, più gravi
li odori e più soavi
e più sottili e ardenti
salgon da’ vasti legni
carchi di spezie rare.
E ne l’alba lunare
a noi s’aprono i regni
meravigliosi, i liti
cari a ’l Sole, ove amando
vivono e poetando
uomini forti e miti.
Da ’l soffio a l’aria effusi
per lunghe onde i profumi,
come celesti fiumi
in un solo confusi,
ondeggian su la bruna
congerie de le antenne.
Ed ecco, ne ’l solenne
silenzio de la luna,
alzasi un lento coro
da quella selva informe.
Il porto ampio s’addorme,
stanco d’uman lavoro.
[164]
Ne la coppa elegante
ove il sole ha fulgori
tremuli e gai colori
come in un diamante,
non anche dà un sospiro
il giglio morituro.
Piega, mistico e puro,
in suo dolce martíro.
Cade, su l’acqua accolta
ne la carcere breve,
mite come la neve
qualche foglia disciolta;
e li stami che ardenti
quali raggi da un serto
rompeano da l’aperto
seno a tentare i vènti,[165]
i vivi agili stami
cui d’un volo sonoro
cingean gl’insetti d’oro
laboriosi a sciami,
entro il calice infranto
paiono irrigiditi
verso Dio, come i diti
lunghi e scarni d’un Santo.
Un odore assai fioco,
odor quasi d’incenso
che per un tempio immenso
vanisca a poco a poco,
da ’l giglio umile sale
divotamente a ’l cielo.
Trema il languido stelo.
O Vas spirituale!
[166]
Ne le sue nubi avvolta
la Luna si riposa,
come in profondo letto.
Ridendo, a volta a volta,
sorge come una sposa
ignuda a mezzo il petto.
Ancor su l’acqua splende
trepidamente in arco
il solco de ’l naviglio;
e lungi si protende
la fresca ombra de ’l parco
entro il chiaror vermiglio.
Ne l’aria de la notte
il fior d’arancio effonde
odor più dolce e pieno,
misto a ’l fior d’oleandro.[167]
Su la scala, ove rotte
hanno gemiti l’onde,
Rosalinda vien meno
tra le braccia a Silvandro.
[168]