Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'isotteo
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III. Isaotta nel bosco

Ballata quattordicesima 17.

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Ballata quattordicesima 17.

Or quale io bevvi ignoto filtro, inconscio?

Era ne la sua bocca, era ne l’acque

la virtù cui soggiacque

ogni mio senso, amor rilampeggiando?

Non so. Ma come uscimmo da la chiostra

in su’ paschi feudali

ove il bel fiume suoi tesori aduna,

parvemi cavalcare ad una giostra,

e che da que’ fatali

occhi mi sorridesse la fortuna

e fusser ne la luna

in urna d’adamante custodite

le mie sorti regali.

Onde, felici, a ’l Sol candido e mite

e a l’ardor de’ cavalli ed ai natali

vènti ci abbandonammo; e le due vite

nostre mescemmo e rinnovammo in una

vita più forte, che s’aprì raggiando.




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