Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'isotteo
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IV. Sonetto di Calen d’Aprile 18.

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IV. Sonetto di Calen d’Aprile 18.

Aprile, il giovinetto uccellatore,

a cui nitido il fiore

de le chiome pebelli òmeri cade,

ne ’l cavo de la man, come un pastore,

in su le prime aurore

ha bevuto le gelide rugiade.

Aprile, il giovinetto trovadore,

su le canne sonore

dice l’augurio a le nascenti biade:

i solchi irrigui fuman ne ’l tepore,

un non so che tremore

le verdi cime de la messe invade.

Ecco la Bella! Ecco Isotta la blonda!

China, de la sua porta a ’l limitare,

ella stringe il calzare

a ’l piè che sanno i boschi. E il la inonda.

Toccan la terra, a l’atto de ’l piegare,

i suoi capelli, in copia d’or profonda.

Oh, la faccia gioconda

che a pena da quel dolce oro traspare!




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