Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
L'isotteo
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VI. Ballata delle donne sul fiume 20.

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VI. Ballata delle donne sul fiume 20.

I nitidi mercanti alessandrini,

profumati di cìnnamo e d’issopo,

bevean su la riviera di Canopo

ne’ calici de ’l loto i rosei vini.

Noi lungo il fiume, ove sì dolci istanti

indugiammo cercando per la via

il grappolo tardivo,

navighiamo a diletto, in compagnia

di musici che il lido empion di canti.

Tutto s’accende il lido fuggitivo

a lo splendor vermiglio.

Tu, ridendo, col calice d’un giglio

attingi le bell’acque scintillanti.

La man tua lieve crea schietti rubini.

Le gentildonne, che fan gaia corte

a te con gran sollazzo, in su’ minori

legni, rapidamente

seguon l’esempio e con i bianchi fiori

attingon l’acque d’or, ridendo forte.

Tutte, in un tempo, bevono a ’l lucente

vespero, inebriate,

quasi Bacco le linfe abbia cangiate

in vin di Scio, da’ regni de la morte.

Suonano a torno i lieti ribechini.

Così tu vai, piacente Primavera,

navigando ne ’l vespero, per l’almo

fiume onde Amore sorse;

e i gigli tratti dietro il paliscalmo

vestono forme, ne la dubbia sera.

Non calano da’ rotti argini forse

le ninfe a ’l Latamone?

Questa, piena di donne e di canzone,

non è l’isola bella di Citera?

Non sei tu dunque iddia ne’ tuoi domini?

Questa è l’isola bella: non la tiene

però Venere. Isotta ha signoria,

Isotta Biancamano,

su la verde Brolangia solatia

ove reine clementi e serene

vissero a lungo, in tempo assai lontano,

e amaron poetare.

Qui non s’ode Bacchilide cantare,

non Saffo, non Alceo di Mitilene.

Ma s’odono i leuti fiorentini.

O musici, toccate li strumenti

con più dolcezza, poi che a’ lauri in cima

è la luna novella.

Cantate, o gentildonne, a cui la rima

fiorisce in amorosi allettamenti

a sommo de la bocca picciolella.

Sicché di su l’altura,

udendo suoni e canti a la ventura,

veggendo faci, dicano le genti:

Torna forse Brisenna a’ suoi festini? —




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