Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO SECONDO - ELETTRA

2 - A Dante

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2 - A Dante

 

Oceano senza rive infinito d'intorno e oscuro

ma lampeggiante, e con un silenzio sotto i terribili tuoni

immoto ma vivente come il silenzio delle labbra

che parleranno:

tenebrore dei Tempi, profondità dell'affanno

umano, assidua mutazione delle cose, ritorno

perpetuo delle sorti:

oceano senza rive tra due poli, tra il Bene e il Male,

con le sue bave disperse dalla procella eternale,

co' suoi abissi ingombri dalle spoglie dei popoli morti,

era il Destino;

 

e tu come una rupe, come un'isola montuosa,

come una solitudine di pensiero e di potenza,

come una taciturna mole di dolor meditabondo

che ode e vede,

sorgevi uno dal gorgo; e nell'ululo delle prede,

nel sibilo dei nembi, nel rombo delle correnti,

il tuo orecchio udiva

quel silenzio e la sola Parola che doveva esser detta;

e di sotto alla fronte percossa dalle schiume e dai vènti

il tuo occhio insonne vedeva infiammarsi il mondo

all'alta tua vendetta.

 

Allora, nei baleni e nell'ombre, lo spirito dell'uomo

stette davanti a te, ignudo, senza la sua carne,

senza le sue ossa, disvelato davanti alla scienza

del tuo dolore;

e nel cavo delle tue mani, che sapean l'arme e il fiore,

più mansuefatti degli augelli che la neve caccia

verso gli asili umani,

discesero i messaggi delle divine speranze,

i poteri sconosciuti delle verità divine;

e ti diede i suoi tuoni e i suoi raggi il tuo Dio, cui tu alzasti il canto

che non ha fine.

 

O nutrito in disparte su le cime del sacro monte,

abbeverato solo nell'albe al segreto fonte

delle cose immortali, Eroe primo di nostro sangue

rinnovellante;

oceanica mente ove dieci secoli atroci,

carichi d'oro d'ombra di strage di fede e di paura

metton lor foci

silenziosamente; anima vetusta e nuova,

instrutta e ignara, memore e indovina, ove si serra

tutto il pensier dei Saggi e palpitano il Fuoco l'Aria

l'Acqua e la Terra;

 

o Risvegliatore, o Purificatore, o Intercessore

per la vita e per la morte, o tu che cresci il vigore

della stirpe come il pane nato dal nostro sudore,

noi t'invochiamo;

o tu che col tuo canto disveli agli uomini i cammini

invisibili e discopri i vólti nascosti dei destini,

noi ti preghiamo;

o tu che risusciti l'antica virtù delle contrade

e tempri il medesimo ferro per la bontà delle spade

e per la gioia delle falci nelle profonde biade,

noi ti attendiamo;

 

perocché tu sii pur sempre atteso in prodigi, come il Figlio

del tuo Dio, dai cuori che nei battiti del tuo canto

appresero a sperare oltre il volo delle fortune,

o profeta in esiglio,

e pur sempre su le nuove tombe e su le nuove cune,

dove un'opra si chiuse e dove s'apre un germe,

suoni il tuo nome santo,

e il tuo nome pei forti sia come lo squillo degli oricalchi,

e solo il nomar del tuo nome, come il turbine agita i lembi

d'un gran vessillo, scuota nei suoi mari e nei suoi valchi

l'Italia inerme.

 

Dove sono i pontefici e gli imperatori? Splendenti

erano nella specie dell'oro, e stampavano con piedi

obliqui le vestigia sanguigne, vestiti dell'antica

frode, e i lor vestimenti

odoravano. Rotti come i sermenti addi, perduti

come i fuscelli nella tempesta, diffusi come crassa

cenere ai vènti.

E pallido il postremo alza le mani verso le porte

dei cieli e attende un segno, e chiama, e nulla appare fuor che la morte.

Ma il cuore della nazione è come la forza delle sorgenti

meraviglioso;

 

e tu rimani alzato nel conspetto della nazione

con la tua parola eterna nella tua bocca respirante,

col tuo potere eterno nel tuo pugno vivo; e la tua stagione

sta su la nostra terra

senza mutarsi; e la tua virtù è dentro le radici

di nostra vita come il sale è nel mare, come la fecondità

è nella nostra terra;

e nulla di te perisce nei tempi ma la tua passione,

ma il tuo furore, ma il tuo orgoglio e la tua fede e la tua pietà

e la tua estasi e tutta la tua grandezza dura nei tempi come

dura la nostra terra.

 

Tu la vedesti col tuo profetico onniveggente occhio infiammato

l'Italia bella, come una figura emersa dall'interno

abisso del tuo dolore, creata dalla tua stessa fiamma,

con i suoi monti,

con i suoi piani, con i suoi fiumi, con i suoi laghi,

con i suoi golfi, con le sue città ruggenti d'ire,

l'Italia bella;

e la tua rampogna la rifece sacra, la tua preghiera

fece risplendere di purità le sue membra schiave;

sì che sempre gli uomini vedran su lei bella il duplice splendore

del cielo e del tuo verbo.

 

Sol nel tuo verbo è per noi la luce, o Rivelatore,

sol nel tuo canto è per noi la forza, o Liberatore

sol nella tua melodia è la molt'anni lagrimata

pace, o Consolatore,

quando la cruda pena il veemente sdegno il duro spregio

si fanno eguali alle più dolci cose della foresta

primaverile

e la mano che torturò la carne immonda, che trattò la ghiaccia

e il fuoco, la pece e il piombo, gli sterpi e i serpi, il fango e il sangue,

tocca segrete corde e nel silenzio fa il divin concento

ch'ella può sola.

 

Cammineremo noi ne' tuoi cammini? O imperiale

duce, o signore dei culmini, o insonne fabbro d'ale,

per la notte che si profonda e per l'alba che ancor non sale

noi t'invochiamo!

Pel rancore dei forti che patiscono la vergogna,

pel tremito delle vergini forze che opprime la menzogna,

noi ti preghiamo!

Per la quercia e per il lauro e per il ferro lampeggiante,

per la vittoria e per la gloria e per la gioia e per le tue sante

speranze, o tu che odi e vedi e sai, custode alto dei fari, o Dante,

noi ti attendiamo!

 

 

 


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