Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO SECONDO - ELETTRA

3 - Al Re Giovine

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3 - Al Re Giovine

 

Nella gran bandiera

che agitarono i vènti marini

a poppa della nave guerriera

tutt'armata di ferro gigante

contra i ferrei destini,

nella gran bandiera

di battaglia e di tempesta

avvolgi il tuo padre esangue,

coprigli la bianca testa,

consacragli il petto forte

con quella croce raggiante,

o tu, della purpurea sorte

erede, che navigavi il Mare,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare!

 

Avvolgi il tuo padre

nell'insegna che attese la gloria

sopra le acque così lungamente;

componilo sul carro scemato

del bronzo possente;

dàgli a scorta mute squadre

che in arme sognino la vittoria

pel sangue non vendicato

sul deserto ardente;

nella luce dell'Urbe fatale,

nel silenzio delle scorte

e del tuo dolor regale,

accompagna il tuo padre clemente,

o tu che chiamato dalla Morte

venisti dal Mare.

 

Accompagna il padre

alla tomba ove già l'avo dorme,

nel tempio sublime

che alzò su colonne

di granito la forza di Roma.

La romba degli inni austeri

come un turbine all'ultime cime

rapisca i tuoi pensieri

nuovi, oltre la tomba, oltre l'altare.

E i grandi pensieri

ti facciano insonne; e Roma

e la sua Fortuna dalla chioma

terribile ti facciano insonne,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare.

 

Tu non dormirai

se il tuo cuore è degno che lo morda

l'avvoltore violento;

tu non dormirai

se de' tuoi nervi indurati

attorca tu la corda

per l'arco che t'è innanzi lento;

tu non dormirai

se tu oda la voce dell'Urbe,

sepolcrale e marina,

non voce di volubili turbe

ma d'immutabili fati,

ma dell'anima eterna latina,

o tu che chiamato dalla Morte

venisti dal Mare.

 

Tu non dormirai

se degni sieno i tuoi occhi

di contemplar l'orizzonte

che il Quirinal discopre

al dominatore;

tu non dormirai

se le tue mani sien pronte

alle lotte ed all'opre,

alla spada ed al martello,

a foggiar per la tua fronte

un'altra corona di ferro

col ferro d'un altro Salvatore

sopra l'incudine d'un altare,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare.

 

Non dormimmo noi

nella notte solenne

quando passò per l'ombra

d'Italia il funereo convoglio

che portava il buono infranto cuore.

Non dormimmo. Ascoltammo gli eroi

favellare nella notte ingombra.

Ascoltammo il fragore

dei carri nel vento d'estate.

Tremammo. Più del cordoglio

poterono le speranze alate.

Per l'ombra era un fremito di penne.

Lampeggiavano i monti e le coste.

Gravido di vita e di morte

anelava il Mare.

 

Tremammo di forza

chiusa e di volontà raccolta;

fummo ebri d'un sogno virile.

Sentimmo nei polsi robusti

ardere la febbre civile.

Sentimmo nel suolo profondo

rivivere gli iddii vetusti.

Ebri di presagi augusti,

vedemmo ancóra sul mondo

splendere il latin sangue gentile.

Ascoltammo gli indigeti eroi

favellare nella notte ingombra.

Seguimmo nell'ombra

infinita il volo della Morte

lungo il patrio Mare.

 

E dicemmo: «Passa

lungo il patrio Mare,

Maestà della Morte!

Alza gli spirti; fa palpitare

il popolo che veglia

nella notte balenante.

Genova ti saluta

sul suo golfo magnifica e forte,

coronata di baleni.

La Spezia ti saluta,

in vista dell'Alpe, austera e forte,

coronata di baleni.

Salutano il tuo passare

le due madri delle navi, o Morte,

veglianti sul Mare.

 

Più grande saluto

avesti tu mai?

Ma, giunta alla mèta, tu avrai

il saluto del Sole e di Roma.

E il nuovo destino, segnato

dal sangue regio, avrà nella nuova

luce principio solenne».

Per l'ombra era un fremito di penne.

Lampeggiavano i monti e le coste.

E dicemmo: «O Italia, o Italia,

non ti vedremo noi su l'alba,

per questo buon sangue che ti giova,

per la divina prova

di questa sacrificale morte,

rifiorir nel Mare?».

 

E dicemmo: «O Italia,

Italia sonnolente,

alfine ti svegli

tu dal tuo sonno vile?

Ahi sì lungamente

sotto il sole giaciuta

con l'obbrobrio senile,

tra le mani dei vegli

scaltri che t'han polluta

che di te han fatto strame

docile all'ignavia loro

e d'ogni tuo nobile alloro

una verga per batter la fame,

non senti l'odor della morte?

Oh nuova sul Mare!».

 

Così noi dicemmo,

questo sognammo ascoltando

il fragore dei carri nel vento

d'estate per la funebre notte

recanti alla tomba il re spento,

al silenzio di Roma, alla pace.

Questo pregò sotto il firmamento

ingombro la nostra ansia seguace.

Or chi sarà l'eroe che attendiamo,

il pastor della stirpe ferace?

Tendi l'arco, accendi la face,

o tu che chiamato dalla Morte

venisti dal Mare,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare!

 

T'elesse il Destino

all'alta impresa combattuta.

Guai se tu gli manchi!

È perigliosa l'ora.

Ma tu sai che il periglio

è la cintura pe' fianchi

dell'eroe. Dal sangue vermiglio

fa che nasca un'aurora!

La fortuna d'Italia

prese l'ali sul campo

d'una battaglia perduta.

Ricòrdati d'un altro padre

partito per un più triste esiglio,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare.

 

T'elesse il Destino.

Ricòrdati del figliuol vinto

che cavalcò quel giorno

tra la Sesia e il Ticino

verso il bianco maresciallo.

Rifiorì l'itala primavera

tra i dolci fiumi; e il re sardo

scese dal suo cavallo

per segnare il duro patto.

Tutto fu nemico intorno.

Egli disse al suo cuore gagliardo:

«Sopporta, o cuore, e spera!».

Ricòrdati di quel ritorno

tu che chiamato dalla Morte

venisti dal Mare.

 

Egli volle Roma,

egli ebbe il Campidoglio,

egli ha pace nel Tempio romano.

Che vorrai tu sul tuo soglio?

Quale altura è il tuo segno?

Miri tu lontano?

È largo quanto il tuo orgoglio

il gesto della tua mano?

Sai tu come sia bello il tuo regno?

Conosci tu le sue sorgenti

innumerevoli e la forza

nuova o antica delle sue correnti?

Ami tu il suo divino mare,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare?

 

T'elesse il Destino

all'alta impresa audace.

Tendi l'arco, accendi la face,

colpisci, illumina, eroe latino!

Venera il lauro, esalta il forte!

Apri alla nostra virtù le porte

dei dominii futuri!

Ché, se il danno e la vergogna duri,

quando l'ora sia venuta,

tra i ribelli vedrai da vicino

anche colui che oggi ti saluta,

o tu che chiamato dalla Morte

venisti dal Mare,

Giovine, che assunto dalla Morte

fosti re nel Mare.

 

 

 


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