Canta, o
Verità redimita
di
quercia, canta oggi gli eroi
al genio
d'Italia che t'ode!
Al popolo ardente
di vita
novella tu
canta oggi i suoi
leoni, il
suo sangue più prode
che corse
la gleba feconda!
Tu fa che
fiammeggi nell'ode
ciascuna
ferita
e lungi la
fiamma s'effonda
per tutte
le prode,
per tutte
le cime,
per tutta
la patria sublime
che freme
di gloria sepolta!
Canta, o
Verità redimita
di
quercia, canta oggi gli eroi
al genio
d'Italia che ascolta!
Ma ascolta
dall'ombra dei monti
Trento,
l'indomata
figlia cui
la corda
non spegne
la voce iterata
che chiama
che chiama la madre
nell'orror
notturno;
e grida:
«Ricorda
tu prima
dell'altre
glorie la
mia gloria
oggi che
su l'ardue fronti
dell'Alpe
volò la Vittoria
e che
l'Adige taciturno
n'ebbe rinnovata
promessa!
Ricorda
Castel di
Morone, Tre Ponti
con
l'Aquila che dal Tifata
piombò sul
Volturno».
Canta
dunque, pria che si parta
la nova
speranza da noi
e si
spenga il sùbito ardore,
canta
dunque il fior degli eroi,
il prode
dei prodi
che dorme
leggero sul cuore
di Brescia
fedele,
e l'emulo
del re di Sparta
con i suoi
trecento,
con i suoi
trecento custodi
che la
dolce Campania tiene;
canta oggi
la gloria di Trento
per lei
consolare in catene
del vano
amor del van dolore,
oggi che
da mano servile
la sua
pura corona è sparta
come
fronda vile.
Come vil
lordura
dal tempio
di Roma lo sgherro
spazza
quella corona pura
che
tesseano, ideal tesoro,
(ancor
dunque ai monti si sogna?)
fedeltà
più dura del ferro,
speranza
più ricca dell'oro.
Giovi ella
a crescere lo strame
su cui la
frode e la paura
giaccion
come buoi
stracchi
ruminando menzogna.
Giovi ella
a crescere il letame
che
impingua l'annosa vergogna.
Ma tu non
piangere; tu sogna,
anima
chiusa, ancor nei tuoi
monti. È
alto il sole sul Fòro.
Cantiamo
gli eroi!
Non
piangere. Aspetta nei monti;
poi che
non indarno
nel libero
azzurro
sul
Gianicolo, alto a cavallo,
sta Colui
che udisti a Tiarno
per te su
la via sfolgorata
tonare col
bronzo.
Ma sogna.
Come il bianco alburno
celandosi
sotto la scorza
si fa
vigor novo del tronco,
nell'anima
tua sempre alzata
il sogno
convertasi in forza.
Non
piangere. Sogna nei monti.
Cantiamo
la gesta obliata,
Castel di
Morone, Tre Ponti
con
l'Aquila che dal Tirata
piombò sul
Volturno.
Cantiamo
la vetta ridente
su
l'antico fiume
esperto di
strage, la vetta
ridente di
giovine sangue.
Oh tumulo
grande
che
gioiosamente
di sé fece
l'alta coorte!
Ciascun
combattente
su la sua
terribile ebrezza
col sole e
con l'aria
sentiva il
guardar leonino
del Duce,
dell'Onnipresente.
Oh
vendemmia di giovinezza
più forte
che il vino!
Porpora
d'autunno,
porpora di
morte
su la
dolce di uve Campania!
Non
piangere, anima di Trento,
la tua
calpestata corona.
Dimentica
il male, se puoi.
Non fare
lamento.
La tua
madre non t'abbandona:
ha il
cuore profondo.
Passano i
Bonturi
e il
seguace lor gregge immondo.
Durano gli
eroi
eterni nei
fasti
d'Italia,
e quel Dante che alzasti
nel
bronzo, al conspetto dell'Alpe
dura solo
più che le rupi,
gran Mésso
dei fati venturi
signore
del Canto sul mondo.
Passano i
Bonturi
e il
seguace lor gregge immondo.
Non fare
lamento. Perdona
pel lungo
martirio di Dante,
perdona
pel chiuso dolore
di Quegli
che disse la grande
parola.
Sovvienti? Ei ti vide
perduta,
ei vide tanto sangue
invano
sparso, tanto fiore
di libere
vite
invano
reciso,
Trieste
come te perduta,
come te
perduta
l'Istria,
alla mercé del nemico
le porte
d'Italia, ottenuta
Venezia
con man di mendico,
laggiù
laggiù sola su l'Adria
la macchia
di Lissa, l'infamia,
tutta
l'onta; e disse: «Obbedisco».
Ah ti sovvenga!
Ti sovvenga
ancóra di
Lui doloroso,
col piombo
nell'ossa dolenti,
combusto
dal fuoco
di cento
battaglie e pensoso
già del
vasto rogo
che alzato
ei volea sul selvaggio
granito,
al conspetto del mare,
per dar la
sua cenere ai vènti
del suo
mar selvaggio.
Ei disse:
«Ah ch'io venga
ch'io
venga anche all'ultima guerra!
Legatemi
sul mio cavallo.
Ch'io veda
brillare le stelle
su la
Verruca, oda al Quarnaro
cantare i
marinai d'Italia!
Legatemi
sul mio cavallo».
Verrà,
verrà sul suo cavallo,
con
giovine chioma.
Torrà il
nero e giallo
vessillo
dal suo sacro monte
che serba
il vestigio di Roma.
Ridere su
l'antica fronte
vedrà le
sue vergini stelle;
più oltre,
più oltre
verso le
marine sorelle,
anche udrà
anche udrà nel Quarnaro
i canti
d'Italia sul vento.
Non
piangere, anima di Trento,
la tua
calpestata corona.
Ribeviti
il tuo pianto amaro.
Dimentica
il male, se puoi.
Non fare
lamento. Perdona.
Prepara in
silenzio gli eroi.