Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO SECONDO - ELETTRA

8 - La notte di Caprera

V.

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V.

 

Or liberati i cavalli di guerra

(ei palpitò forte veggendo selci

risfavillar sotto l'urto del ferro,

udendo su per le rupi deserte

eco del gran galoppo senza freno)

or nella bianca stanza è solo con sé

il Dittatore, solo con sé fedele.

Guarda le bianche mura ch'ei fece, artiere

d'ogni arte, dopo che preso e difeso ebbe

quelle di Roma. È senza mutamento

la povertà, è senza mutamento

la pace. Il sacco delle semente è a piè

del letto. L'arme, disopra l'origliere,

al vacillar della lucerna splende.

Palpita e guizza la fiammella. E gran vento

alle finestre, gran vento di maestro

sul mar che romba nelle anse di Caprera,

grande clamore a quando a quando, immenso

grido, selvaggio urlo come a Palermo,

come a Palermo urlo di popolo ebro.

«O cuore, balzi? Placato ancor non sei?»

L'Eroe sorride; ma gli occhi del veggente

veggono il sole su la città che ferve

colui che parla e l'ultimo suo gesto,

il furibondo palpito che solleva

tutto quel muto popolo come un petto

immortale, e tutto il sangue repente

sparir dai vólti innumerevoli, e

tutte le bocche urlanti, tutte le

mani distese in alto alla ringhiera;

Piazza Pretoria fatta dal travincente

amore vasta come l'Italia intera;

l'anima d'un popolo fatta un cielo

di libertà, eguale al giorno ardente;

una bellezza nuova per sempre accesa

nel triste mondo, un'imagine eterna

di gloria impressa nel vano velo, eretta

un'altra cima, ala data alla Terra!

 


 


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