Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO SECONDO - ELETTRA

8 - La notte di Caprera

XVIII.

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XVIII.

 

Veniva, senza squilli, in corsa, alla Porta

di San Pancrazio la seconda legione

lombarda, quella dal Medici condotta

florida schiera giovenile, corona

di Lombardia. Il Vascello, dal prode

Sacchi difeso fin quasi a mezzo il giorno,

quindi tenuto da quel santo e feroce

Manara cui serbata era la gloria

di Villa Spada, sosteneva il maggiore

sforzo nemico. Fervida era già l'opra

degli approcci, era imminente già il crollo

del fastigio, era già degli uccisi ingombro

tutto il palagio. Or veniva al soccorso

Giacomo Medici, incrollabile possa,

compatto bronzo contra le sorti immoto.

Dalla Toscana nel Lazio, senza colpo

ferire, avea condotta la legione

con disciplina durissima, per prove

e patimenti infiniti, veloce

e càuto, dando per guanciale al riposo

la gleba o il sasso, avendo giorno e notte

il rischio sempre alle spalle, di fronte

e ai fianchi come dogo o molosso pronto

ad azzannare senza latrato. Il sole,

il vento, l'erbe, i torrenti, le rocce

aveangli fatta selvaggia come un'orda

la bella schiera. Ai giovini leoni,

tutta la notte nutriti dall'odore

della Campagna sacra nel periglioso

cammino, Roma era apparita in fondo

alla pianura nella sùbita aurora

come una nube. Ed un grido era sorto:

«O Madre!». Ed ogni cuore in quella parola

s'era devoto, con volontà di gloria;

e taluno ebro avea sentito forse

nelle gramigne rimaste fra le chiome

incolte il peso mortale degli allori.

Veniva or dunque, senza squilli, alla Porta

di San Pancrazio la seconda legione

lombarda. Ed ecco, verso la Porta, incontro

a lei la fila delle barelle atroce,

con i feriti, con i morenti in mostra!

Ed i feriti ed i morenti, incontro

ai giovinetti floridi, del dolore

fecero un riso non umano. E coloro

che non avean più pel riso la bocca

ma cave piaghe, gittarono dagli occhi

il lor baleno; e taluno gittò

le bende intrise discoprendo la coscia

tronca od il ventre lacerato e gridò:

«Resti con voi questo segno!». Ed un monco

scosse ridendo il moncherino come

un aspersorio di sangue e battezzò

gli imberbi. E tutti ridevano di gioia

come fanciulli, poiché la morte ai loro

terribili atti mesceva un che di dolce,

una bontà puerile, un candore

di libertà mai detto da parola

d'uomovinto in terra; e di candore

splendevan essi nel dissanguarsi in fondo

alle barelle che penetravan l'ombra

di Roma fatta più profonda dal rombo

che il Campidoglio spandea sonando a stormo.

Nell'ombra «Viva la Republicaurlò

l'anima alzata del coro moribondo.

E l'urlo sotto la Porta rimbombò.

E la legione, scagliata dalla Porta

eroica, entrò nella battaglia. Allora,

bianco a traverso la bufera del fuoco,

bianco sul suo cavallo agile come

un tigre dómo, non simile ad un uomo

fragile ma simile ad una forza

onnipresente espressa dalla lotta

stessa dei fati e degli uomini, incontro

ai giovinetti venne il Liberatore.

Muto trascorse lungh'esse le coorti

adolescenti come fa il nembo sopra

le spiche ma l'anime ch'ei piegò

col suo gran soffio parvero dall'angoscia

risollevarsi moltiplicate. Gli occhi

erano intenti a lui; e con un solo

sguardo ei toccò le anime come un solo

baleno tocca le innumerevoli onde.

«Avanti!» allora gridò l'immensa voce.

Ed il cavallo a un tratto s'arrestò

come un torrente precluso che si copre

di schiume. Calmo il cavaliere biondo

parve più alto, signore delle sorti,

sicuro. Spessi fischiavangli d'intorno

gli obici senza toccarlo; orrido scroscio

facean su i muri del Vascello; talora

sordi facean nella legione un solco

ove spariva qualche silenzioso

capo atterrato. Si protese, raccolse

il puro sogno dei giovinetti morti

nella sua voce che fu pei vivi come

la melodia della materna Roma.

«Giovani, avanti, ché vinceremo anche oggi

Non con lo sprone ma col suo grande cuore

ei sollevò il suo cavallo a volo:

nel balzo il bianco mantello palpitò

come la bianca ala della Vittoria.

Il giovenile grido coperse i tuoni

del monte, dietro il galoppo senza orma.

Nella fumèa del vespro, intorno a Roma,

erano ovunque la ruina e la morte.

Ma chi morì, morì vittorioso.

 

 


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