Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO TERZO - ALCYONE

2 - Il fanciullo

VI.

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VI.

 

Se t'è l'acqua visibile negli occhi

e se il làtice nudre le tue carni,

viver puoi anco ne' perfetti marmi

e la colonna dorica abitare.

 

Natura ed Arte sono un dio bifronte

che conduce il tuo passo armonioso

per tutti i campi della Terra pura.

Tu non distingui l'un dall'altro volto

ma pulsare odi il cuor che si nasconde

unico nella duplice figura.

O ignuda creatura,

teco salir la rupe veneranda

voglio, teco offerire una ghirlanda

del nostro ulivo a quell'eterno altare.

 

Torna con me nell'Ellade scolpita

ove la pietra è figlia della luce

e sostanza dell'aere è il pensiere.

Navigando nell'alta notte illune,

noi vedremo rilucere la riva

del diurno fulgor ch'ella ritiene.

Stamperai nelle arene

del Fàlero orme ardenti. Ospiti soli

presso Colòno udremo gli usignuoli

di Sofocle ad Antigone cantare.

 

Vedremo nei Propìlei le porte

del Giorno aperte, nell'intercolunnio

tutto il cielo dell'Attica gioire;

nel tempio d'Erettèo, coro notturno

dai negricanti pepli le sopposte

vergini stare come urne votive;

la potenza sublime

della Citta, transfusa in ogni vena

del vital marmo ovpresente Atena,

regnar col ritmo il ciel la terra il mare.

 

Alcun arbore mai non t'avrà dato

gioia sì come la colonna intatta

che serba i raggi ne' suoi solchi eguali.

All'ora quando l'ombra sua trapassa

i gradi, tu t'assiderai sul grado

più alto, co' tuoi calami toscani.

La Vittoria senz'ali

forse t'udrà, spoglia d'avorio e d'oro;

e quella alata che raffrèna il toro;

e quella che dislaccia il suo calzare.

 

Taci! La cima della gioia è attinta.

Guarda il Parnete al ciel, come leggiero!

Guarda l'Imetto roscido di miele!

Flessibile m'appar come l'efebo,

vestito della clamide succinta,

che cavalcò nelle Panatenee.

Sorse dall'acque egee

il bel monte dell'api e fu vivente.

Or tuttavia nella sua forma ei sente

la vita delle belle acque ondeggiare.

 

Seno d'Egina! Oh isola nutrice

di colombe e d'eroi! Pallida via

d'Eleusi coi vestigi di Demetra!

Splendore della duplice ferita

nel fianco del Pentelico! Armonie

del glauco olivo e della bianca pietra!

Ogni golfo è una cetra.

Tu taci, aulete, e ascolti. Per l'Imetto

l'ombra si spande. Il monte violetto

mormora e odora come un alveare.

 

 


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