Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO TERZO - ALCYONE

56 - Le Ore marine

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56 - Le Ore marine

 

Quale delle Ore

che mi conducesti

viventi e furon larve

cinerine

quando il sole disparve

nella triste sera,

o Ermione,

quale delle Ore marine

ch'ebbero il tuo volto

e le tue mani e le tue vesti

e la tua movenza leggiera

e ciascuno de' tuoi gesti

e ogni grazia che tu avesti,

o Ermione,

quale delle vergini Ore

che mansuefecero col solo

silenzio il mar selvaggio

quasi che accolto

se l'avessero in grembo

come un fanciullo torvo

per blandire il suo duolo

sorridendo,

o Ermione,

quale delle Ore divine,

con gli occulti beni

che tu le désti,

t'accompagna nel viaggio

di dai fiumi sereni,

di dalle verdi colline,

di dai monti cilestri?

 

Quella che raccoglie

su la sterile sabbia

le negre foglie

della querce sacra,

o Ermione,

creature dei monti

macere dal sale amaro,

cui rapì dalla balza

il vento e diede al flutto amaro

che le travaglia

e le rifiuta?

Quella che guarda il faro

lontano su la rupe nuda

ove il flutto si frange,

o Ermione,

l'insonne occhio ardente

che già volge i suoi fochi

per il deserto specchio

infaticabilmente?

Quella che inclina

pensosa l'orecchio

su la conca marina

e ascolta la romba

della voluta

e odevi la tromba

del Tritone che chiama

la Sirena perduta,

o Ermione,

e odevi il mar che piange

la sua Sirena perduta?

 

Quale delle Ore,

quale delle Ore marine,

con gli occulti beni

che tu le désti,

col segreto linguaggio

che le apprendesti,

o Ermione,

t'accompagna nel viaggio

di dai fiumi sereni,

di dalle verdi colline,

di la dai monti cilestri,

o Ermione,

di dalle chiare cascine,

di dai boschi di querci,

di da' bei monti cilestri?

 

 

 


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