Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO TERZO - ALCYONE

62 - Sogni di terre lontane

2 - LE TERME

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2 - LE TERME

 

Settembre, oggi veder vorrei l'azzurro

del tuo cielo riempiere la bocca

rotonda della maschera di pietra

in cima alla colonna che si sfalda

nei secoli, convolta dal rosaio

che si sfoglia nell'ora, entro quel chiostro

quadrato che di biondo travertino

chiarisce il cotto delle antiche Terme.

 

Forse d'Orfeo ragionerei con Erme

sul margine del fonte ove i delfini

reggon la tazza in su le code erette;

o forse udrei l'ammonimento grave

dei due neri superstiti cipressi

ai due lor verdi cipressetti alunni

che crescono ove caddero i maggiori

percossi dalla folgore di luglio.

 

O forse mi parrebbe, oltre il cespuglio

soave, udire l'ànsito del servo

alla stanga appaiato col giumento

circa la mola cònica di lava;

e più de' nudi torsi, e più de' busti

e più de' cippi mi sarebbe cara

l'ombra delle farfalle su pe' dolii

risarciti con piombo dal colono.

 

Settembre, , sul fianco del bel Trono

d'Afrodite, l'aulètride dagli occhi

a mandorla e dal seno di cotogna

sta, sovrapposta l'una all'altra coscia,

adagiata sonando le due tibie

con i frammenti dell'esperte dita;

e il Re Pastore immoto nel basalte

figge all'Eternità gli occhi corrosi.

 

Ronzano l'api ne' silenziosi

orti dei bianchi monaci defunti;

e nelle celle àbitano gli iddii,

làcerano le Menadi la vittima,

Anassimandro medita, dal muro

svégliasi il carme dei fratelli Arvali.

«Enos Lases iuvate». Un'ape or entra,

per la chioma di Iulia che l'illude.

 

Nell'àlveo d'un ricciolo si chiude.

 

 


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