Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Laudi
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LIBRO TERZO - ALCYONE

62 - Sogni di terre lontane

6 - LA MUTA

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6 - LA MUTA

 

Settembre, ora nel pian di Lombardia

è già pronta la muta dei segugi,

de' bei segugi falbi e maculati

dall'orecchie biondette e molli come

foglie del fiore di magnolia passe.

La muta dei segugi a volpe e a damma

or già tracciando va per scope e sterpi.

Erta ogni coda in bianca punta splende.

 

Presso il gran ponte sta Sesto Calende.

Corre il Ticino tra selvette rare,

verso diga di roseo granito

corre, spumeggia su la china eguale,

come labile tela su telaio

cèlere intesta di nevosi fiori.

Chiudon le grandi conche antichi ingegni,

opere del divino Leonardo.

 

Il sorriso tu sei del pian lombardo,

o Ticino, il sorriso onde fu pieno

l'artefice che t'ebbe in signoria;

e il diè constretto alle sue chiuse donne.

Oh radure tra l'oro che rosseggia

dello sterpame, tiepide e soavi

come grembi di donne desiate,

sì che al calcar repugna il cavaliere!

 

Vanno i cani tra l'èriche leggiere

con alzate le code e i musi bassi,

davanti il capocaccia che gli allena

per mezz'ottobre ai lunghi inseguimenti.

S'ode chiaro squittire in que' silenzii.

Il suon del corno chiama chi si sbanda

e chi s'attarda e trae la lingua ed ansa.

Già la virtù si mostra del più prode.

 

Il buon maestro dell'arte sua si gode:

talor gli ultimi aneliti esalare

sembra l'Estate aulenti sotto l'ugne

del palafren che nel galoppo falca.

E, fornito il lavoro, ei torna al passo

per la carraia ingombra di fascine:

con la sua muta va verso il canile,

va verso Oleggio ricca di filande.

 

Vapora il fiume le sterpose lande.

 

 


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