Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO QUINTO - CANTI DELLA GUERRA LATINA

11 - La canzone del Quarnaro

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11 - La canzone del Quarnaro

 

Tibi cornua nigrescunt

Nobis arma dum clarescunt.

 

Siamo trenta d'una sorte,

e trentuno con la morte.

 

EIA, l'ultima!

Alalà!

 

Siamo trenta su tre gusci,

su tre tavole di ponte:

secco fegato, cuor duro,

cuoia dure, dura fronte,

mani macchine armi pronte,

e la morte a paro a paro.

 

EIA, carne del Carnaro!

Alalà!

 

Con un' ostia tricolore

ognun s'è comunicato.

Come piaga incrudelita

coce il rosso nel costato,

ed il verde disperato

rinforzisce il fiele amaro.

 

EIA, sale del Quarnaro!

Alalà!

 

Tutti tornano, o nessuno.

Se non torna uno dei trenta

torna quella del trentuno,

quella che non ci spaventa,

con in pugno la sementa

da gittar nel solco avaro.

 

EIA, fondo del Quarnaro!

Alalà!

 

Quella torna, con in pugno

il buon seme della schiatta,

la fedel seminatrice,

dov'è merce la disfatta,

dove un Zanche la baratta

e la per un denaro.

 

EIA, pianto del Quarnaro!

Alalà!

 

Il profumo dell'Italia

è tra Unie e Promontore.

Da Lussin, da Val d'Augusto

vien l'odor di Roma al cuore.

Improvviso nasce un fiore

su dal bronzo e dall'acciaro.

 

EIA, patria del Quarnaro.~

Alalà!

 

Ecco l'isole di sasso

che l'ulivo fa d'argento.

Ecco l'irte groppe, gli ossi

delle schiene, sottovento.

Dolce è ogni albero stento,

ogni sasso arido è caro.

 

EIA, patria del Quarnaro!

Alalà!

 

Il lentisco il lauro il mirto

fanno incenso alla Levrera.

Monta su per i valloni

la fumea di primavera,

copre tutta la costiera,

senza luna e senza faro.

 

EIA, patria del Quarnaro!

Alalà!

 

Dentro i covi degli Uscocchi

sta la bora e ci posa.

Abbiam Cherso per mezzana,

abbiam Veglia per isposa,

e la parentela ossosa

tutta a nozze di corsaro.

 

EIA, mirto del Quarnaro!

Alalà!

 

Festa grande. Albona rugge

ritta in piè su la collina.

Il ruggito della belva

scrolla tutta Farasina.

Contro sfida leonina

ecco ragghio di somaro.

 

EIA, guardie del Quarnaro!

Alalà!

 

Fiume fa le luminarie

nuziali. In tutto l'arco

della notte fuochi e stelle.

Sul suo scoglio erto è San Marco.

E da ostro segna il varco

alla prua che vede chiaro.

 

EIA, sbarre del Quarnaro!

Alalà!

 

Dove son gli impiccatori

degli eroi? Tra le lenzuola?

Dove sono i portuali

che millantano da Pola?

A covar la gloriola

cinquantenne entro il riparo?

 

EIA, chiocce del Quarnaro!

Alalà!

 

Dove sono gli ammiragli

d'arzanà? Su la ciambella?

Santabarbara è sapone,

è capestro ogni cordella

nella ex voto navicella

dedicata a san Nazaro.

 

EIA, schiuma del Quamaro!

Alalà!

 

Da Lussin alla Merlera,

da Calluda ad Abazia,

per il largo e per il lungo

siam signori in signoria.

Padre Dante, e con la scia

facciam «tutto il loco varo».

 

EIA, mastro del Quarnaro!

Alalà!

 

Siamo trenta su tre gusci,

su tre tavole di ponte:

secco fegato, cuor duro,

cuoia dure, dura fronte,

mani macchine armi pronte,

e la morte a paro a paro.

 

EIA, carne dal Carnaro!

Alalà!

 

11 febbraio 1918.

 

 

 


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