Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
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LIBRO QUINTO - CANTI DELLA GUERRA LATINA

12 - All'America in armi

III.

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III.

 

41.    In marcia! La vecchia canzone di John Brown, radicata nella memore gleba, riscoppia come il fiore dell'agave ardente.

 

42.    Dal fondo degli anni ritorna e si spande il rombo dei bronzi che sonarono il transito del martire nell'Occidente.

 

43.    In marcia! la semenza è fervida. Gli uomini nuovi bàlzano in armi dai tuoi solchi fulvi e dalle tue bianche strade.

 

44.    Recando nel pugno il tuo gruppo di stelle, cacciano in fuga la pace ignobile da tutte le tue contrade.

 

45.    In marcia! Come nella valle dello Shenandoah, c'è il ferro e c'è il fuoco, c'è il sangue e c'è il sudore, c'è il fiele e c'è il pianto, l'urlo e il lagno, la sete e la fame, la falange spedita e il branco immondo.

 

46.    In marcia! Come allora, nella selva, nell'alpe, nel piano, sul fiume, sul lago, sul mare, l'uomo inventi la sua vita e la sua morte ogni giorno. Non v'è più sonno. Non v'è più tregua. Non v'è più respiro. In marcia verso la battaglia del mondo!

 

47.    Si sveglia, laggiù, nella dolce valle virginiana ove geme l'uccello notturno, si sveglia Stonewall Jackson e sente il suo sangue che tuttavia cola, e ordina: «Avanti!».

 

48.    Si poggia sul gomito sano, solleva con l'anima il suo braccio stroncato, lascia pendere i suoi rossi brandelli, e ordina con la voce d'allora: «Portate innanzi i miei fanti!».

 

49.    Balza di nuovo in sella Philip Sheridan fiutando la disfatta lontana, mette il suo cuore in bocca al suo baio; e galoppa le sue venti miglia.

 

50.    Non ha in boccacuorefreno il cavallo. Il cuore fu più veloce dei quattro suoi zoccoli. E, quando arriva, la vittoria gli prende la briglia.

 

51.    «Navi! Navi! Navigrida David Farragut, l'affondatore di arieti, l'incendiatore di zattere, lo spezzator di catene, a cui furono armi fedeli lo sperone diritto e l'anima ignuda.

 

52.    Qual passo è da forzare? qual porto da violare? qual corazza da fendere? È pallido. Gli ruppe nel sepolcro i sonni e le glorie l'eroe di Premuda.

 

53.    «Ali! Ali! Aligrida non il vittorioso che balza dalla tomba all'appello, né la giovine cerna anelante, né la folla dal piè di tempesta;

 

54.    ma la stessa vittoria che, come quella d'Atene, non ha negli òmeri penne e non migra, sì arma la sua specie nei cieli a miriadi e con noi resta.

 

55.    Resta con noi sul Piave, resta con noi su la Marna, con noi su i santissimi fiumi, con noi sopra i monti sublimi, con noi dove le è suora corporale la morte.

 

56.    O Liberatrice, il tuono è incessante. Il fragore lacera il cielo come un velario che si ritessa. La nube infame acceca e soffoca la battaglia. Il coraggio ansa e soffre. Tutto è martirio celato. Ma la tua statura è più alta, ma la tua voce è più forte.

 

57.    «Vivete, perché la verità è vivente. Morite, perché la morte è immortale. Riordinate la battaglia. Noi siamo gli eguali del Tempo. Incomincia la guerra.

 

58.    Se questa è l'ora del combattimento e della messe, ecco le armi, ecco le falci. Si combatta e si mieta. Si muoia e si raccolga. Non più partiremo col bruto il pane della terra.

 

59.    Siamo in marcia, non truppe noverate e marchiate come le greggi, non eserciti cacciati col pungolo come le mandre. Un popolo armato s'avanza. Consacra le sue stelle al Futuro.

 

60.    In marcia! Fino a quando? Fino a che la via d'oriente, fino a che la via d'occidente non sia libera. Fino a che tra i quattro vènti del mondo la Libertà non sia sola con l'uomo. Fino a che non si compia il cammino del tempo, se non bastino al cómpito gli anni. Una fede armata s'avanza. Consacra i suoi segni al Futuro

 

IV luglio 1918.

 

 

 


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