Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La Leda senza cigno
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La Leda senza cigno

24

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24. – E che uomo è costui?

Imagina una testa a piramide tronca, una vera testa di pitone, precisa come una volontà geometrica, rigida come un problema o come una sentenza, con due occhi senza colore dietro un paio di lenti spesse come i cristalli delle lanterne cieche…

E chi provvede alle spese?

Egli non è d’origine se non un borghesuccio, figlio di un fabbricante di porcellane limosino. Ella ha qualche resto della sua dote. Ma tanto poco non basterebbe alle sue abitudini di eleganza e di lusso, almeno esterne. La fiducia nell’esito del processo le apre un credito rovinoso presso gli usurai vinattieri della Gironda. Anche per queste strozzature è buon mediatore il pitone freddo.

E tu chi sei davanti a lui?

La vittima designata del gioco abituale. Due o tre volte, mentre ero davanti al pianoforte, , nella villa sul Bacino, l’ho veduto apparire nel vano dell’uscio, sogghignare silenziosamente, poi ritirarsi come uno che vada altrove per abbandonarsi alla sua ilarità. E ogni volta aveva per me l’aspetto di quei fantasmi che si formano da certe disgregazioni dello spirito su l’orlo della follia e che agghiacciano il malato con una presenza intermittente. Un mio povero compagno, prima di entrare in una casa di salute, era frequentato da uno di questi visitatori; e non osava mai voltarsi per tema di vederselo allato. Ora qualcosa di simile accade anche a me…

Ma è chiaro che si tratta di un fantasma tollerante e perfino compiacente, amico mio.

Non contraria i giochi del caso e della fantasia, i capricci della noia e della crudeltà, ma soltanto li sorveglia da vicino o da lontano. Egli non ha se non uno scopo: tener legata a sé la complice, sia pure con una lunga catena da lentare quando convenga. Egli non teme se non la fuga, lo scampo, diciamo pure «l’evasione». Ora le armi ch’egli serba contro di lei e le note minacce rendono inefficace qualunque tentativo in terra. Ma v’è uno scampo dalla parte del buio, v’è lo scampo di sotterra. È questa la sola minaccia ch’ella possa opporre a quelle altre che la curvano.

È capace di uccidersi?

A ogni momento.

Rividi luccicare l’arme d’acciaio e d’avorio per l’apertura del manicotto color di perla. Rividi la donna dalla mano celata, in piedi dinanzi a me, intiera, silenziosa, piena d’un suo male simile a una verità o a una menzogna profondissima che le tenesse vece di vita.

A ogni momento, per un nulla, come si apre un uscio, come si passa una soglia, come si scende un gradino.

Fino a quel punto le cose narrate erano rimaste non meno estranee alla figura ideale di lei che, per esempio, al calco dell’Apollo di Piombino posto sopra uno scaffale di libri quadrato e girevole, , vicino al pianoforte. Non riuscivo né a comprendere né a sentire che tale fosse la vera sostanza della sua vita. Il suo mistero rimaneva intatto come la divinità oscura della statua che attraeva i miei occhi dorata dalla luce del pomeriggio. Tanto quelle azioni definite erano dissimili alla creatura infelice quanto un inno omerico o un capitolo di mitologia eran diversi da quella forma intenta abitata da uno spirito non meno inconoscibile che il vigore d’un albero il quale alleghi i suoi frutti.

Dov’era la mano che aveva modellato su la fronte breve del dio il doppio ordine simmetrico di riccioli? Non meno insistente mi pareva il potere di quel passato nel cui rigore doveva esser costretta quell’anima. Il mio spirito non riconosceva alcuna coesione in sì grave massa di fatti volgari, ma era posseduto da un sentimento poetico che lo mescolava in un modo misterioso a ciò che si genera sotto il silenzio umano. Per ciò l’istinto volgeva tanto spesso i miei occhi verso l’Apollo che, finito come un’opera di cesello, esprimeva da ogni linea un infinito di poesia. Anche una volta la forma mi diveniva una fede veggente; e, ascoltando tante vane ignominie, non credevo se non a ciò che mi significava la bellezza levigata dall’acqua dell’Eurota.


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