IntraText Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
42. Il puledro vincitore era ricondotto a mano nel recinto del peso. Un che di fluido e di fermo, insieme: il tremolìo dei muscoli sotto il sudore schiumante faceva pensare alla mobilità delle polle improvvise; ma i suoi tendini convenivano alla sua ossatura come le corde ai tenieri dalla spalla all’anca, dalla punta del petto al fusto della coda, era tutto opera di stile ancor più concisa che quella scolpita nella metope attica. Ma tanta severità di forma non era destinata se non a governare la strapotenza della vita. Nelle narici e negli occhi gli spiriti del sangue bruciavano con la forza del fuoco che apparisce per gli interstizii del forno fusorio.
E nel modo inimitabile di comprendere e di sentire quella convenienza e quella bellezza noi ci riconoscevamo latini. E intorno allo sforzo vittorioso di quel giovine animale perfetto vedevamo disporsi la perfezione secolare di tutte le nostre culture.
Ed ecco che a quel gioco lieve stava per succedere un gioco tremendo, la cui posta consisteva di tutti i nostri beni. Noi eravamo per rischiare tutti i nostri beni contro un getto di dadi. Già udivamo risonare i malvagi dadi su la pelle d’asino tesa nel tamburo del lanzichenecco.
Traversammo la prateria deserta, quasi a vespero, per tornare verso la casa amica. Io pensavo alla dimora di Silvia specchiata nelle acque chiare. Imaginavo nella parlatura di Francia l’accento della patrizia romana.