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46. L’aspetto di Parigi è sinistro, sotto il cielo basso umidiccio e grigio come il vapore della caldaia che bóllica. Ciascuno di costoro ha messo la sua unghia listata a bruno nei buchi fatti dal piombo alla veste dell’ucciso, e con quella stessa unghia s’è levata la càccola dal naso partigiano e l’ha deposta cautamente su la manica del suo prossimo.
Non c’è dunque altra bandiera che quel soprabito bucato e un po’ di biancheria sporca? Non c’è altro grido di allarme e di riscossa che il falso rugghio avvocatesco? In un rauco baritono forense Parigi vede un magnanimo leone, e i baffi ritinti e spioventi d’un accusatore ben mandibolato le dànno imagine dell’antica rudezza gallica. Sii dura alla presa, mascella faconda!
Dicono che la vendicatrice non abbia ucciso se non per farsi riamare da un marito stufo. Non so perché, penso a quel piombo che i pescatori mettono in bocca ai pesci morti, di cui si servono per esca. L’anima stessa della città mi ricorda uno squalo arenato, laggiù, su la spiaggia atlantica, in una sera di luglio senz’astri, ove l’udii lungamente soffiare e agitarsi finché l’alta marea non lo salvò.