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Oggi mi sembra che nell’Isola della Città si sia novamente rafforzata l’anima civica. E io veggo entrare nel Duomo di Nostra Donna l’imagine della Francia male armata ma intrepida, come v’entrò a cavallo Filippo il Bello con quella mezza armatura, senza usbergo né gambiere, ch’egli portava a Mons-en-Puelle vittorioso contro la sùbita aggressione dei Fiamminghi.
Non più brulicanti del formicaio umano che le celava e lordava, non più sonanti del penoso strepito, ridiventate a un tratto ignude e libere, le pietre oggi vivono d’una vita antica e nova, riacquistano il mistero e la potenza, rimemorano quel che fu e annunziano quel che è per apparire. Alle rotte luci di questo pomeriggio ove l’autunno sembra scendere precoce, ingannato dalla rossa vendemmia che si fa fuor de’ tini, esse hanno l’aspetto profondo dei sogni che sono proposti all’interprete dei fati. L’illusione del tempo è distrutta. ecco che dietro di me, al Ponte di Maria, sbarca un giovinetto sconosciuto, smorticcio e scarno, di nome Bonaparte.