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67. Ma non veramente il solitario del tempo di Childeberto
Dove Dante s’inginocchiò? dove pregò? Qui, certo: presso la colonna mediana dell’abside, che s’attorce con un movimento impetuoso per iscagliare più in alto i rami della palma santa.
Un’armonia grave d’organo sale secondata dalle salienti nervature. Mi volgo, e vedo la nave maggiore tutta folta di popolo, come se a un tratto i credenti fossero risorti di sotterra, su dall’antichissimo carnaio, senza parlare, senza fiatare. Vedo ondeggiar nell’ombra le ali candide sul soggólo delle monache; vedo le madri vestite a bruno con a fianco i giovani soldati pallidi e gravi; vedo le bocche socchiuse dei bimbi attoniti, le teste vacillanti dei vecchi cariche di ricordi atroci. Da tutta quella carne misera, stanca o inconsapevole, si forma una sola anima pura.
– Padre celeste che sei Iddio, abbi pietà dei nostri fratelli!
E un canto sommesso la ripete, un murmure profondo la prolunga.
– Cristo Gesù che sei Iddio, abbi pietà dei nostri fratelli!
Contro i pilastri i cuori d’oro votivi raggiano come se li infervorasse la preghiera concorde.
– Spirito Santo che sei Iddio, abbi pietà dei nostri fratelli!
Nostra Donna della Santa Speranza risplende tra due vetrate, in un cespuglio di viticci ardenti ove i ceri sottili s’incurvano e si consumano senza lacrime.
– Santa Maria, madre di Dio, prega per loro!
A ogni invocazione il canto sommesso s’innalza.
– San Michele, patrono della Francia, prega per loro!
– San Maurizio, patrono dei combattenti, prega per loro!
– Angeli santi, se Dio ve li diede in custodia, e pregate per loro!