Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La Leda senza cigno
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102. E credo che parlai della morte come si parla dell’amore, al modo di quegli enigmi che ingannano per similitudine l’interprete. Che potevano omai essere a me i piaceri e i giuochi, al paragone di quegli attimi d’altezza in cui m’ero fatto puro spirito in cima all’idealità del mondo? Tutta la mia poesia si era risoluta in quell’unica melodia non udita se non da me, non udita neppure dal mio compagno eroico. Una linea necessaria, che stava per compiere la mia imagine vera chiudendosi, era stata interrotta da un comando non comprensibile. Se a quell’approdo mi fosse riapparito il mio compagno e mi avesse portato seco su l’ala più alto e più oltre, senza ritorno, ecco che la mia imagine si sarebbe alfine conclusa. Allora Nontivolio, che dava un orecchio alle mie parole e l’altro alla sinfonia del crescente, disse: «Eppure la vita è bella».

Disse Chiaroviso: «Eppure l’Italia è bella, ed è vostra».

Ma bisogna morire per confessarla. «Confesserò te nella cetera» canta uno degli antichi salmi. Uno dei novissimi canta: «Confesserò te nella tua ala».



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