Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La Leda senza cigno
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110. Alla cima della gloria, per la coppia alata, è l’olocausto: il sacrifizio in cui è arsa tutta la vittima.

La sorte del fuoco è la lor vera sorte.

La loro ala rombante diviene il lor rogo fiammeggiante.

Come nell’ottava bolgia, essi sono due «dentro ad un fuoco», ma il fuoco non è diviso. Non parlarono in alto; non ebbero bisogno dell’orazion piccola per essere acuti; né parleranno nei crolli della fiamma. Come il volo era un silenzio ceruleo misurato dal canto ritmico della combustione, così l’olocausto si risolve in nero silenzio.

La necessità eroica della coppia alata, quando sia sopraffatta, è l’arsione totale.

Chi si rende prigione, e cede la sua ala, si può dire veramente che pecchi contro la patria, contro l’anima e contro il cielo. Sventurato o svergognato, perde ogni diritto alla gloria.

Portato dal fuoco, il combattente aereo è un incendiario in vita e in morte.

Beati i due compagni eroi le cui ossa irriconoscibili sono mescolate nella barella come tizzoni fumanti!]

*

Egli guardava di tratto in tratto la mia tempia fasciata, il mio occhio bendato, con un sentimento di dolcezza, ma senza proferire alcuna di quelle parole di compianto o di conforto che mi sono odiose e mi sembrano vilissime. lo notavo che i suoi occhi bruni erano straordinariamente ingranditi e che la barba fulva intorno alla faccia ossuta gli dava quell’aspetto energico e pacato che doveva avere il Purificatore quando ebbe cacciato dal Tempio «coloro che vendevano e comperavano in esso». Non v’era più nulla di superfluo nella sua carne come non v’era più nulla di vano nel suo spirito. Non un’oncia di vanità né un’oncia di adipe. Il vero asceta nei due sensi, come quegli che aveva esercitato e preparato alla perfezione il corpo e lo spirito.


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