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111. Certi asceti cristiani parevano respirare veracemente in Dio, cioè non nell’aria comune, non nei vènti del mondo; parevano avere i polmoni e l’anima adattati a una nuova condizione di esistenza. Simile egli pareva respirare in disparte, in non so che novità interiore, consapevole di sé stesso, e pure non più appartenente a sé stesso, presente e pur trapassato. Non era un uomo; era un’offerta. Non aveva più nessun legame, fuorché quello che lega l’offerta al sacrificio. Era, nel più alto significato ideale, il Volontario.
Parlava semplice, con gesti sobrii. Stava là seduto, occupava poco spazio. Ma quella sua serenità aveva qualcosa d’immenso e di profondo. Io mi sentivo all’orlo della sua serenità come su la riva di un mare raggiante. Dinanzi a un uomo, ecco che avevo un senso sovrumano dell’uomo. Era quello un uomo pel quale la vita e la morte s’erano confuse come il giorno e la notte si confondono nella zona dell’alba.
Tuttavia le sue mani erano robuste e, nella lotta a corpo a corpo, avevano preso il nemico per la gola; forti erano i suoi bianchi denti, e avevano morso alla disperata il nemico; saldi i suoi piedi, nelle grevi scarpe munite di chiodi, e avevano sferrato contro il nemico il buon calcio all’inguine.