Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La Leda senza cigno
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123. La rapidità mi placa. Odo di tratto in tratto, sopra al rombo del motore, il mortaio tonare sul monte. Vado al colle di Medea per visitare l’osservatorio di dove lo Stato Maggiore della Terza Armata assisterà alla prossima azione. austriaco. Do all’ufficiale di guardia alcune istruzioni per la copritura dei vetri che luccicano e rivelano il posto all’osservatore nemico. Entriamo in una specie di ridotto, tutto corridoi bui come quelli delle Catacombe. Passiamo per una stanza fasciata di legno che un pittore ambizioso orna di festoni, di ghirlande, di cartigli, come per un convito augurale. Tutti questi operai sono pieni di devozione, di ardore, di fremito. Costruiscono e ornano il Belvedere della Vittoria?

Che spettacolo, dalla vetta del colle! La pianura dolce come un invito, i borghi d’un grigio di tortora, le città biancicanti, Gorizia condannata, i monti e i poggi già irrigui di sangue italiano e ricchi di ossame quanto di sasso. Tutto è oro d’autunno, azzurro di lontananza. Intorno al velivolo è una corona di nuvolette bianche, quasi serafiche. Il sole s’è fatto caldo come in maggio. I fianchi di Medea sono vestiti di acacie, di pioppetti, di cespugli. Ho voglia di stendermi su la proda e di dormire.


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