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124. Se mi stendessi, non dormirei. L’irrequietudine mi caccia. Rientro nel mio rifugio su l’Ausa, nelle mie due stanze basse che la mania di un cacciatore o di un ornitologo paesano riempì di uccelli impagliati. L’occhio sfugge i palmipedi per confortarsi nelle imagini della Nike Due cavalleggeri guardano i fili del telefono, coi loro piccoli cavalli villosi tra la frasca. Nell’osservatorio nascosto dentro la quercia, il comandante calcola sopra un quaderno, tra il goniometro e il canocchiale. Il sole brilla su i treppiedi di legno levigato. Il megafono, la grande bùccina di metallo, sporcata di verde, sta appeso al ramo. S’aspetta il primo colpo. «Pezzo uno, attenti! Castagnola, fuoco!»
Le visioni, le apparizioni e i sogni mi rapiscono lo spirito a ogni attimo se mi soffermo, se mi seggo, se mi riposo.