Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La Leda senza cigno
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176. Dov’è Guido Cavalieri? per qual lido si voltola? quale corrente lo trasporta? Il flutto non ha rigettato se non il materasso di gomma che lo sosteneva nel nuoto disperato.

Lo rivedo su la riva degli Schiavoni, presso il ponte, vestito di bianco, parlare con la sua bella compagna, prima della partenza. Era diritto in piedi, svelto, elastico, non curvato sotto la condanna oscura. Sorrideva, mentre tagliava le sue scarpe bianche l’ombra d’un balaustro.

Partenza nella sera di perla. Molla ormeggi. In moto il motore a combustione di diritta. Dal ponte di una torpediniera vedo passare il Jalea emerso, di dagli sbarramenti, in prossimità della costa, e navigare verso Grado. Il mare s’incupisce; ma nella sua palpitazione accelerata si sente già la fosforescenza notturna. L’increspamento luccica qua e , d’una luce interiore, come una palpebra che batta e lasci sfuggire uno sguardo misterioso. La luna nuova è come un pugnello di solfo che bruci. A quando a quando la nuvola nera del fumaiuolo la nasconde, oppure sembra trarla come una favilla fugace nella sua voluta. La vita non è un’astrazione di aspetti e di eventi, ma è una specie di sensualità diffusa, una conoscenza offerta a tutti i sensi, una sostanza buona da fiutare, da palpare, da mangiare. Guardo il sommergibile allontanarsi. Un gruppo d’uomini è sul guscio, una massa grigia indistinta, come un’escrescenza sul dosso d’un cetaceo. La prua acuta penetra la notte e scompare. Il lungo fuso verdastro s’immergerà laggiù, proseguendo le sue rotte parallele alla linea che congiunge la Secca di Muggia e la Punta Sdobba. E per quegli uomini la vita somiglierà a un’agonia energica. Le loro facce saranno come i quadranti bianchi dei manometri. Le loro arterie saranno come i tubi dipinti di rosso nella camera di manovra.


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