Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
La Leda senza cigno
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177. All’alba il semaforo di Grado vede il Jalea immergersi, oltrepassato il gavitello che segna l’origine della rete, e proseguire veloce a levante, verso la Secca di Muggia. Nessuno più lo vedrà nel golfo. Lo scafo è già un sepolcro. Gli uomini sono già seppelliti nel mare. Uno d’essi, vestito d’una tunica azzurra, tien la mano poggiata alla ruota d’ottone che governa la pompa d’assetto, ov’è scritto: Dal mare al mare.

Vietri sale nella torretta. Di qua e di dal cristallo pendono le due rivoltelle da segnali. L’acqua è più pallida dell’alba. Le voci salgono nel silenzio come le bolle in quel pallore. L’occhio non distingue se non il portello di prua, i due maniglioni laterali, qualche medusa fuggevole. Il sudore stilla dalla fronte del marinaio. Ma la clessidra del Tempo ha già cessato di gocciolare.


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