Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Libro ascetico
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Comento meditato a un discorso improvviso

III L’EPIFANIA DELLO SPIRITO

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III

L’EPIFANIA DELLO SPIRITO

Su tanta carne agglomerata, su tanta soverchieria d’osso e di muscolo, su tanta prontezza di consiglio manesco, su tanta mischia e rissa di dentati appetiti, come mai l’invocazione dello spirito può aver tuttavia tanto potere?

Si spiritus pro nobis, quis contra nos?

Dev’esser vero che gli arcangeli esiliati si accrescano di potenza terrestre e di arcano dominio.

Io credetti vedere quasi un fulmineo baleno passare su tutte quelle fronti ingombre. O forse in ogni volatore seduto sussultò l’ala costretta?

C’è chi tuttora parla di non so qual mia caduta. C’è chi tuttora allude, presso il mio letto, presso il mio capezzale nitido, non già a una mia caduta mistica di arcangelo esiliato o d’angelo mutilato ma a non so qual mia caduta d’uomo.

E dov’era la mia ala? e dov’è la mia ala? Quali colpi hanno dunque potuto abbattermi se quelli, così spessi e così diritti, di quell’altro agosto nel cielo dell’Ermada, non valsero?

Sono stato dunque novamente colpito nel mio lato spento, in questo mio lato destro dove l’occhio destro è spento e dove è tuttavia appiccata questa mano destra che scrive senza pupilla?

Ma, quando io cieco ero coricato nel mio buio, sentivo di continuo in questo mio lato palpitare e sussultare e tremare e dolorare la mia ala costretta. Era un’ala notturna. Era l’ala del mio canto notturno.

È viva. È melodiosa in ogni fremito e in ogni brivido. È pronta; e non mi duole se non quando teme che lo sforzo della mia disciplina solitaria minacci di strapparle alcuna penna maestra.

O compagni del cielo, o compagni dell’altezza, aquile del lungo volo, ecco che sanno darvi questa testimonianza fraterna anche le mie ossa contuse e le mie carni piagate.

«Sì, siamo in lotta, e bisogna che noi restiamo in lotta.» Così parlava colui ch’era predicato pacificatore! Annunziatore di quale pace? V’è una pace alunna di Cerere, e v’è una pace alunna delle Muse o nutrice di esse Muse: Musarum altrix... Non servo l’una e non servo l’altra sopra i miei altari. Non chiedo che l’una e l’altra largiscano ozii agli stanchi: otia fessis. Talvolta il latino, che salva la pudicizia, dissimula anche la plebea crudezza dell’ironia.

Il mio dio non mi fece mai ozii vergiliani neppure nella convalescenza.

«Noi domandiamo ali» gridai a quegli alati in gabbia. «Noi domandiamo ali per la Patria. Noi domandiamo per la Patria il più gran numero di ali, la più grande possa di ali; perché le ali secondano oggi il senso vero della vita, che è la bramosìa di ascendere per fatica e dolore alla conquista dello spirito


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