Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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1 - LE VERGINI

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I discepoli tornarono: fu la prima volta una mattina del marzo nascente. Giuliana s'era levata dal letto; stava seduta su la sponda, col calore del sole alla nuca ed alli omeri. Nella stanza si sentiva l'odore agro dell'aceto che Camilla aveva versato nei calamai muffiti; e dalle finestre raramente il vento recava li effluvi delle viole già fiorite su l'arco.

Fu allora una irruzione d'infanzia nella stanza. Fu prima sull'uscio un sospingersi tumultuoso di piccole teste che volevano sollevarsi le une su le altre per vedere, poi una esitazione, una timidità, una specie di meraviglia ingenua dinanzi alla maestra pallida pallida e scarna che i discepoli riconoscevano a pena.

Ma Giuliana sorrideva, sotto un turbamento improvviso di tutto il suo sangue; Giuliana li chiamava a sé, confondeva i loro nomi che le si affollavano alle labbra e tendeva loro le mani. A uno, a due, a tre, i bimbi si avanzavano, volevano prenderle le mani per metterci la bocca sopra, ridicevano le parole di augurio imparate a casa, ingoiando per la furia le sillabe.

- No, no, non più! - esclamava Giuliana, sopraffatta, ma abbandonando le mani a quelle bocche tiepide e molli. Si sentiva quasi mancare.

- Camilla, tienili, tienili.

Ogni bimbo recava un dono: erano fiori, erano frutta. Le violette avevano subito sparso il profumo nell'aria, e in quel profumo, in quella luce tutte quelle faccie infantili invermigliate dal buon sangue plebeo sorridevano.

Poi la scuola, nell'altra stanza, cominciò. La prima classe diceva a voce alta le vocali e i dittonghi, la seconda sillabava; e su quel coro chiarissimo a tratti si levava l'ammonimento di Camilla.

- La, le, li, lo, lu...

Nelli intervalli di silenzio, si udiva Matteo Puriello picchiare su le suola o il telaio della Jece sbattere.

- Va, ve, vi, vo, vu...

Allora il fastidio oppresse Giuliana. La monotonia de' rumori e delle voci le dava al capo una pesantezza ingrata, le conciliava il sonno, mentre ella voleva essere desta, mentre ella sentiva ancora intorno a sé la respirazione dei fanciulli, il soffio giocondo di quelle vite.

- Bal, bel, bil, bol, bul...

Prese i fiori, li mise in un bicchiere pieno d'acqua per conservarli. Li fiutò poi lungamente. Stette con le narici tra quel fresco, chiudendo li occhi, raccogliendosi tutta in quel peccato d'olfatto.

- Gra, gre, gri, gro, gru...

Una gran nuvola bianca velò il sole. Giuliana si accostò alla finestra, si sporse al davanzale per guardar giù nella piazza. Di fronte, Donna Fermina Memma in una roba rosata stava su 'l balcone tra i vasi dei garofani; e un gruppo di uffiziali passava sotto a lei ridendo e facendo un tintinnìo di sciabole su 'l lastrico. Più in , nel giardino publico le piante di lilla erano su 'l fiorire, la punta del gigantesco pino si piegava al vento. Dalla cantina di Lucitino usciva Verdura, l'eterno ubriaco, barcollando e vociferando.

Giuliana si ritrasse: era la prima volta, dopo tanto, che si affacciava su la piazza. Le parve di essere in alto in alto, guardando in giù; la prese una leggera vertigine.

- Nar, ner, nir, nor, nur...

Il coro dentro seguitava, ancora, ancora, ancora.

- Pla, ple, pli, plo, plu...

Giuliana si sentiva soffocare, venir meno, a quella tortura: i suoi poveri nervi indeboliti cedevano. Il coro seguitava, al ritmo della bacchetta di Camilla battuta su 'l tavolino, implacabile.

- Ram, rem, rim, rom, rum...

- Sat, set, sit, sot, sut...

Allora un impeto subitaneo di singhiozzi squassò Giuliana, l'abbatté su 'l letto. Ella singhiozzava. così, bocconi, a braccia aperte, premendo la faccia su i guanciali, senza potersi frenare.

- Tal, tel, til, tol, tul...

 

 


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