Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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1 - LE VERGINI

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Ora costui fu il galeotto. Portava le epistole di Marcello con le conche piene d'acqua della Pescara su alla casa di Giuliana, e tornava giù con le conche vuote e con epistole di risposta. Giuliana, quando lo sentiva salire le scale, si faceva pallida; cercava pretesti per allontanare Camilla, per essere sola con l'uomo portatore di acqua e di gioia. Avvenivano allora dei contatti rapidi, nel sotterfugio; passavano allora tra lei e il galeotto quelli fuggevoli accenni dei muscoli facciali, quei sguardi obliqui d'intesa, quei monosillabi sommessi, che son li aiuti dell'astuzia umana e che a lungo andare stringono dei legami tra li ingannatori, ove sieno essi differenti di sesso, determinando certe singolari corrispondenze di moti nel corpo, le quali in taluni casi possono esser causa di risvegli sensuali. Per il che, a poco a poco nell'amore di Giuliana qualche cosa dell'influenza di Lindoro penetrava; una specie di domestichezza a poco a poco si stabiliva tra l'amadrice e l'ambasciatore. Ella, se costui giungeva nell'assenza di Camilla, lo incalzava di domande, gli parlava da presso facendogli sentire l'alito, qualche volta inavvedutamente gli posava su la spalla una mano. Lindoro scioglieva i freni alla sua loquacità di pizzajuolo, intramezzando parole di gergo, reticenze impudiche, furbi sorrisi rivelatori, gesti ambigui, piccoli schiocchi di lingua e di labbra.

Egli ruffianeggiava con arte, sapeva insinuare sottilmente la corruzione nell'animo di Giuliana, sapeva trascinare lentamente all'insidia di Marcello quella preda. E Giuliana stava ad ascoltarlo intenta, con in fondo alli occhi una fiamma che cresceva, con in bocca l'aridezza prodotta dall'orgasmo lascivo, senza più interrompere. Lindoro s'accorgeva subito di aver suscitato nella femmina la brama; e dinanzi a quella figura tutta protesa e tutta sconvolta si risvegliava in lui la mascolinità d'un tratto e una tentazione l'assaliva di cogliere quel fiore ch'egli apprestava al piacere di un altro; ma la paura sorgente dal fondo della sua viltà lo tratteneva e gli ghiacciava l'ardore.

Così Giuliana al fine aveva concesso a Marcello un ritrovo. Sarebbe stata in una casa remota del sobborgo, in fondo a un vico deserto, dove nessuno li avrebbe spiati; sarebbe stato per una domenica di giugno, stando Camilla nella chiesa lungo tempo, facendo buona guardia Lindoro.

Nei giorni precedenti quel gran fatto, Giuliana era tenuta da un'eccitazione amara, da una specie di febbre che a volte le dava il battito dei denti e le vampe alla faccia e i brividi alla radice dei capelli, alla nuca. Ella non poteva più star ferma, non poteva più star seduta; poiché una furia di mobilità le solleticava tutte le membra. Nella scuola, in mezzo al coro eguale dei discepoli, in mezzo a quello stillicidio continuo di sillabe, una demenza di ribellione le abbagliava la vista all'improvviso, ed ella avrebbe voluto balzare tra i fanciulli, sconvolgere con le mani tutte quelle capigliature, rovesciare la lavagna, le tabelle, le panche, gittare delle grida, spezzare qualche cosa, stordirsi. Sotto lo sguardo freddo e scrutatore di Camilla, poco mancava che ella non svenisse per lo spasimo, per la bile, per l'immenso sforzo anteriore di dissimulazione.

Poi, quando Camilla usciva, ella si agitava per tutte le stanze, muoveva le sedie, morsicchiava dei fiori, beveva di un fiato de' grandi bicchieri d'acqua, si guardava nello specchio, si affacciava alla finestra, si abbatteva a traverso il letto, sfogava in mille modi l'irrequietudine, l'esuberanza della vitalità sensuale. Tutto il suo corpo, nel tardivo fermento della verginità, si era arricchito ed espanto; era come una di quelle sanguigne fioriture autunnali che la pianta esplode al sentirsi da un'ultima corrente di forza vegetativa investir le radici quasi morte nel letargo del terreno. Tutti i pori del suo corpo esalavano, irradiavano la voluttà mal contenuta; in tutti i suoi gesti, in tutti i suoi atteggiamenti, in tutti i suoi minimi moti uno spontaneo fascino afrodisiaco, una procacità involontaria e inconscia si esplicava indipendentemente dalla presenza di un uomo. Ella era tutta sàtura di desio; le fibrille giallognole delle sue iridi, dilatandosi, sprizzavano bagliori; il labbro inferiore, tormentato dalle morsicchiature, sporgeva umido e vermiglio; pe 'l collo salivano le trame glauche delle vene e nei movimenti repentini talora certi gruppi di nervi guizzavano. La sua testa non era bella, non aveva la quadratura vigorosa, lo splendore olivastro di certe razze d'Abruzzo, quelle pure linee del naso e del mento svolgentesi grecamente nella latina ampiezza della faccia. Ma ella, inconsapevole, sotto la goffaggine delle vesti grigie, sotto la cascaggine delle pieghe incomposte, celava una magnificenza statuaria di torso e di gambe.

Erano i primi giorni di giugno: sorgeva l'estate dalla primavera, come da un campo d'erbe un àloe. Tra il mare e il fiume tutto il paese di Pescara godeva nella ventilazione salina e nel refrigerio fluviale, come distendendo le braccia verso quei naturali confini d'acqua amara e d'acqua dolce. Salivano alla stanza di Giuliana allora le blandizie della temperie; insetti lucidi urtavano ai vetri e rimbalzavano come una grandine d'oro.

Giuliana, se era sola, provava un bisogno di distendersi, di gettare lungi le vesti, di giacere, e di raccogliere su la pelle quella blandizia ignota che fluttuava nell'aria.

Cominciava lentamente a spogliarsi, con una pigrizia di gesti molli, indugiando con le dita in torno alle allacciature e ai fermagli, facendo de' piccoli sforzi svogliati nel cacciar fuori le braccia dalle maniche, fermandosi a mezzo e abbandonando in dietro la testa dai capelli crespi e corti, quella sua testa di efèbo. Lentamente, sotto l'amorosa fatica, dalla informità delle vesti, come dalla scoria del tempo una statua diseppellita, il corpo ignudo si rivelava. Un mucchio di lana e di tela vile era ai piedi della pulzella così purificata, e da quel mucchio ella come da un piedestallo sorgeva nella luce coronandosi con le braccia, mentre al contatto dell'aria una vibrazione a pena visibile le correva i contorni, il fior della pelle. In quell'attitudine momentanea tutte le linee del dorso si distendevano e salivano verso il capo ricinto; si appianava la leggera onda del ventre non anche deturpato dalla concezione; li archi delle coste si designavano. Poi, se un insetto entrava nella stanza, il ronzìo aliante in torno ed accennante ad attingere la nudità, il ronzìo sbigottiva Giuliana; ed era allora un difendersi della puntura mal temuta, erano movimenti serpentini, scatti di muscoli sotto la cute, paurosi raggruppamenti di membra, falli dei malleoli non bene forti al gioco, balzi, guizzi, tutti quelli sviluppi improvvisi di agilità e quei raggricchiamenti di pelle provocati in una donna dal ribrezzo.

Poi, così eccitata dal moto e calda, ella aveva delle voglie nuove. Apriva l'uscio, cauta in sospetto; e metteva fuori il capo guardando nell'altra stanza. C'era un odore di chiuso, quello squallore inanimato che hanno le scuole senza fanciulli: nelle tabelle quadrate l'alfabeto cubitale e i gruppi dei dittonghi e delle sillabe stavano muti dominatori del luogo. Giuliana si avanzava evitando co' piedi nudi li interstizii del pavimento smosso, provando la titubanza di chi cammina scalzo per la prima volta su un piano aspro e la confusione di una donna che non sente più in torno al suo passo l'impedimento abituale della veste. Andava così fino alla terza stanza, dov'era l'acqua, dove l'umidità le metteva una sensazione di fresco sotto i piedi e dove ella sentiva dei brividi nei capelli al pensiero che l'amante poteva essere poco lontano. Allora intingeva le mani nell' acqua, si spruzzava tutta, coraggiosamente, con de' sùbiti arresti di respiro quando una gocciola più grossa le rigava l'epidermide. Usciva di , tutta sparsa di rugiada: lo specchio alto di un antico mobile la tentava.

Era una specie di canterano a cui restavano ancora frammenti d'intarsi qua e : lo specchio, che celava un armario sovrastante, aveva in torno fregi misti d'oro e di colori e in alto due puttini decapitati. Giuliana saliva fin , attratta da una irresistibile curiosità femminile di vedersi nuda. La sua persona tutta ancora fresca di gocciole sorgeva nell'offuscamento dell'antico specchio soffusa d'un'ombra di pallidezza argentea, addolcita d'impercettibili apparenze di azzurro e di verde dove il cristallo più era alterato dal tempo. Ella si guardava; mentre l'istinto sessuale della bellezza svegliandosi le faceva ora salire alla bocca una viva spontaneità di sorriso. Il sorriso, ogni movimento dei muscoli pareva far tremolare tutte le linee della nudità nello specchio come quelle di una immagine dentro le acque. Allora ella cominciava una specie di mimica vanitosa, guardando riprodursi tutti i suoi gesti nella lastra, aprendo le labbra per mostrare i denti, alzando le braccia per mostrare le ascelle, presentando la schiena arcata e forzando il capo a volgersi in dietro; fin che un pazzo impeto di ilarità, dinanzi a quello spettacolo di sé, le scuoteva tutta la persona. In fondo in fondo, dietro la donna, si rifletteva dalla parete avversa una tabella di alfabeto.

 

 


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