Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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1 - LE VERGINI

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Giuliana rimase inerte, nella prima impressione violenta e divina di quel fatto naturale compiuto, in una specie di rapimento che non poteva esalarsi. Rimase lunga su i mattoni, con nelle vesti, con in tutta la figura lo scompiglio della donna violata.

A tratti nel bianco dei suoi occhi naufraganti appariva come un tremolìo; nelle sue braccia passavano dei sussulti, delli stiramenti di nervi irritati; fremiti nervosi le increspavano la fronte, le facevano battere le palpebre, curvare in li angoli della bocca, muovere in piccoli moti vaghi il pollice dei piedi scalzi.

Ella, quando udì i passi di Camilla nella scala, dal fondo della sua languidezza si levò su un gomito; rapidamente passo le mani su le vesti sconvolte; ritrovò le parole per dire alla sorella che una sùbita mancanza di forze l'aveva fatta cadere nel mezzo della stanza.

Fuori, annottava: su 'l paese si spandeva la grande frescura glauca della sera di giugno, originante dall'Adriatico. Voci e risa empivano la piazza; giù pe 'l casamento cantava la gioia sabatina delli abitanti sollevati. Dal secondo pianerottolo Teodora La Jece gridò:

- Comare Camilla, comare Giuliana, venite?

Giuliana seguì la sorella, senza parlare, senza pensare. Durava fatica a sovvenirsi; una specie di ebetudine le teneva ancora la memoria. Teodora La Jece le empiva li orecchi del suo chiaccherio di femmina maldicente e petulante.

- Sapete; comare, la figlia di Rachela Catena si marita.

- Ah.

- Sapete, piglia Giovannino Speranza, quel rosso che tiene locanda alla Pesceria e il mal di San Donato, liberanosdòmine.

- Ah.

- Sapete, comare; Checchina Madrigale se n'è scappata un'altra volta a Francavilla. Voi la conoscete: quella grassa che sta di casa a Gloria, nera, col naso a becco... quella.

Teodora La Jece seguitando aveva preso il passo di Giuliana. Camilla veniva un poco in dietro, a capo chino, senza badare ai peccati di mormorazione che la lingua della tessitrice commetteva contro il prossimo. Per le vie tutta la gente godeva l'aria; gruppi di donne passavano, in vesti di tela, con le braccia nude sino al gómito.

- Comare, guardate Graziella Potavigna che falbalà s'è messo. Guardate Rosa Zazzetta, con un sergente avanti e uno in dietro... Ah, voi non sapete?

E qui una storia d'amorazzi piena d'indiscrezioni salaci, sussurrata quasi all'orecchio. Per una di quelle obliosità che sono il rifugio di certe nature deboli e dubbie, Giuliana si immerse nel pettegolezzo intieramente, con una specie di furia convulsa, non dando a sé stessa il tempo di ripensare, interrogando, eccitando Teodora alla chiacchera, temendo li intervalli di silenzio, riempiendoli con de' piccoli sussulti di riso. Ella aveva quasi un godimento amaro a sentire i vituperii delli altri.

- Oh! ecco Don Paolo!

Veniva in contro con la sua bella placidezza Don Paolo Seccia, un ottuagenario ancora aspro e verde come un ginepro, giocondo e saggio come Pantagruele.

- Venite con noi, Don Paolo; usciamo fuori.

Tutti i macelli per la via di qua, di la, avevano i loro manzi freschi penzolanti in mezzo alla porta: l'odore della carne bovina si spandeva dalle ventraie aperte e assaliva le nari. Più in , lunghe file di maccheroni stavano attelate al lume della luna che le guardava dalla cima di un'antenna soperchiante la caserma. Gruppi di soldati si affollavano in torno alle rivenditrici di frutta, vociferando.

- Andiamo alla Bandiera disse Teodora, dando la precedenza a Don Paolo ed a Camilla.

Giuliana passò in mezzo a tutti quei rumori e quelli odori forti, stordita. Cominciava alfine uno sbigottimento vago a sommuoversi dal fondo, a torcerle la bocca nel riso, nelle parole, a impedirle la lingua. Anche certi piccoli tormenti fisici la molestavano e la richiamavano alla realtà delle cose. Ella non sapeva più sfuggire: le moriva la voce fra i denti, l'angoscia le sollecitava la gola, il fantasma di qualche cosa d'enorme e d'irrimediabile le si drizzava dinanzi. Ella ora si sentiva morire dalla fatica di reggersi in piedi, di mettere i passi: si sentiva percossa dalla fischiante animazione della vita nella strada che è di tutti.

- Dunque, comare mia, quel guercio del marito senza saper nulla di nulla... - diceva Teodora riannodando la maldicenza interrotta.

Andavano per la Bandiera. Il ponte a battelli, su la sinistra, cavalcava il fiume. Dall'altro lato, la mole cupa e grave del bastione si disegnava nel chiarore. I vecchi cannoni di ferro, piantati con la bocca nel terreno, si dilungavano in fila trattenendo le gòmene; grandi àncore di ferro ingombravano lo scalo. Nelle tolde, a riva, i marinai sotto le tende mangiavano e fumavano: le tende illuminate contrastavano con un rossore sanguigno l'albore della luna. Intorno alla proe, su l'acqua larghe chiazze come di materia liquefatta fluttuavano lentamente.

- ...mandò a chiamare Don Nerèo Memma, figuratevi! - seguitava Teodora, implacabile.

- Chi parla del dottor Dulcamara? - fece Don Paolo, a cui era giunto quel nome, ridendo dalla franca bocca ancora armata di avorii.

Giuliana non sentiva più: ella era pallida come la faccia della luna. Da prima, tutta quella gran pace luminosa piovente dal cielo su 'l fiume e tutte quelle lunghe vene di odore marino ruscellanti pe 'l fresco le aveva no dato una impressione di sollievo quasi gioconda; poiché dinanzi a quello spettacolo di dolcezza i fantasmi vagheggianti dell'amore in fondo a lei si risollevavano e le sommità del sentimento al raggio lunare riscintillavano. Fu, sùbito dopo, come una soffocazione, come un tumulto confuso in cui ella aveva coscienza di sé solo per il battere delle arterie alle tempia, per quel sussurrìo assordante che parve dilatarsi e riempire tutta l'aria d'un tratto. Le mancava sotto i piedi il suolo fermo: il limite delle acque si confuse, per la vertigine; il fiume invase la strada; acque acque acque si spársero in torno. Poi, d'un tratto, uno scintillìo di bagliori si accese dentro li occhi di lei, un tremolìo crescente di fiammelle fatue che rompevano, si intrecciavano, si allontanavano, e si fondevano e perdevano serpentinamente in una mezza ombra. In quella illuminazione la figura di Marcello compariva e spariva, con una rapidità e una mutabilità di sogno. La vertigine cessò. Giuliana riconobbe i riflessi della luna nel fiume placido; continuò a camminare, stupefatta, indebolita, quasi presso a svenirsi.

- Stanca, eh? comare; voi non siete abituata, si sa. Appoggiatevi a me, appoggiatevi - diceva Teodora. - La figlia di donna Mentina Ussoria, quella più piccola, butterata, stava proprio innanzi alla bottega, sapete, su la piazzetta...

Erano alla caserma dei finanzieri. Grandi mucchi di carrùbe mandavano un odore forte come di pelli conciate; e la strada seminata di scaglie d'ostriche scricchiolava sotto i passi. Due sciàbiche, presso la riva, facevano pesca d'anguille, in silenzio, con la luna propizia. Ma la sonorità del mare empiva di grandezza il silenzio: si annunziava la foce con l'ondeggiamento del sale superante il lieve fiore dell'acqua dolce.

- Torniamo in dietro, belle figliole - disse Don Paolo, prendendo una carruba dal mucchio vicino.

Giuliana si lasciava condurre. Ella durava fatica a rattenere l'ansia del respiro; poiché ora il suo stato, con una terribilità incalzante, le si ripresentava dinnanzi e schiacciava tutti li aneliti e i tumulti del sentimento suscitati dalla voluttà della notte lunare. Ella vedeva, nella fissazione del suo pensiero, la figura di Lindoro levarsi e vivere; si sentiva un'altra volta afferrare e palpare da quelle mani aspre, soffocare da quel fiato caldo di vino e di libidine, violare su i mattoni della stanza. Ma in quel momento, pensava, ella non aveva resistito, non aveva gridato, non aveva fatto nessun moto per opporsi; ella aveva soggiaciuto, senza forze, non distinguendo più nulla, non sentendo che una gran gioia mista di dolore innondarle le fibre, non sentendo che da tutto il suo essere la violenza della natura compressa insorgere. Allora quel riflesso di sensazione mise nella carne di lei un nuovo turbamento, una tenerezza di languore infinita; e in quel disordine della coscienza la volontà delle sue idee si estinse. Le parve che tante cose della notte, come avessero voci ed ali, venissero a batterle contro la tempia, venissero a tentarla, a darle dei trèmiti e a suggerirle delle parole. Guardava innanzi a sé, pallida con li occhi ingranditi e più neri. Ella era così: debole, incerta, incapace di determinare con la volontà uno stato d'animo e di cose, oscillante miseramente tra le suggestioni del mondo esterno e il travaglio interiore.

- Sentite come il vino canta - disse Don Paolo, soffermandosi.

Nelle barche i marinai stavano distesi tra i cordami, in mezzo al fumo del tabacco di Dalmazia, e cantavano di femmine belle, in gran coro.

 

 


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