Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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1 - LE VERGINI

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Camilla, su l'inginocchiatoio, pregò a voce bassa, co 'l capo prostrato, con giunte le mani, lungamente; poi accese la lampada votiva a Maria Vergine, per la notte; piegò poi nel sonno tenendo il dolce cuore di Gesù tra i fiori vizzi del seno. Il suo respiro di dormiente era religioso come se sfiorasse l'ostia sacra su la patèna d'argento. Nella volta le ombre seguivano le oscillazioni della fiammella alimentata dall'olio; quei romori secchi del legno che si dilata e dei tarli che ròdono, li scricchiolii misteriosi che hanno i vecchi mobili nella calma notturna, ronzii di zanzare rompevano il silenzio.

Giuliana stava nello stesso letto, a fianco di Camilla, distesa, senza muoversi, senza chiudere li occhi, poiché una grande stanchezza insonne le occupava le membra e la vigilanza assidua dell'angoscia le martoriava l'anima tapina. Ella ascoltava il silenzio, spiava sé stessa con una curiosità ansiosa, come per sentire qual mutamento si fosse compiuto nell'essere suo.

A un tratto, Camilla nel sonno cominciò a mormorare delle parole vaghe, de' frammenti di parole incomprensibili, movendo appena le labbra, mettendo lunghi respiri dentro cui si sentivano de' suoni semispenti, si sentivano i gorgogli rochi delle voci non formate e li accenti delle voci infrante. La testa di lei, scarna, affilata, quasi direi scolpita e cesellata rigidamente dalla penitenza e dal digiuno, ingiallita dal lume della lampada, posava sulla bianchezza del guanciale come una effige mal dorata di santa sopra una raggiera. Piccole ombre violacee segnavano l'interno delle narici, i solchi del collo teso e pieno di corde, le fosse delle gote, le occhiaie d'onde sporgeva grande il globo coperto della pelle molle della pálpebra. Ella pareva così il cadavere di una martire, dentro cui scendesse lo spirito di Dio.

Benché quello dei soliloquii notturni non fosse il primo, Giuliana sentì freddo in mezzo ai capelli: un terrore improvviso l'assalì e la oppresse. Ella instintivamente si rannicchiò, cercò di allontanarsi dal corpo della sorella ritraendosi su l'orlo della sponda: stette immobile, sospesa nelli intervalli di silenzio, con li occhi fissi su la bocca della dormiente, provando un sordo balzo in mezzo al petto se quelle labbra si muovevano a profferire nuove parole. Ella non comprendeva; ma qualche cosa di lontanamente profondo e di solenne era in quel mormorio interrotto, quasi un mistero di fenomeno soprannaturale si levava da quel corpo inerte e inconsapevole che parlava senza udire la propria voce. Nella stanza passava come un alito di sepolcro; per la fantasia sconvolta di Giuliana, le ombre oscillanti prendevano forme spaventose e minacciose di spettri; l'aria pareva solcata da rumori ignoti. Tutte le cose su cui l'allucinata si rifugiava con lo sguardo, tutte le cose si trasformavano e si animavano verso di lei. Allora l'idea del castigo e della pena eterna ancora una volta le risorse nella coscienza e la incalzò. Ella si imbatté sotto l'incubo del suo peccato, mettendo in croce le braccia su 'l petto per difendersi dalle minaccie dei demoni, tentando di dire delle preghiere con la lingua impedita dal terrore, aggrappandosi con un supremo slancio all'àncora del pentimento, all'ultima salvezza. Ella si sentiva perduta, ella chiedeva ora misericordia dall'intimo del suo cuore al divin Sposo tradito, a Gesù buono e grande, a Colui che perdona.

La voce di Camilla si esalava in sospiri, si confondeva in un borboglìo tremulo, si spegneva del tutto nella respirazione lenta ed eguale, a mano a mano che l'entusiasmo del sogno mistico si andava placando. Le ombre seguitavano ad oscillare. Non ancora il Crocefisso discendeva dalla parete a raccogliere con le dolcissime braccia la pecorella tornante all'ovile.

 

 


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