Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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1 - LE VERGINI

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Non c'era dunque scampo? - Più giorni ancora ella oscillò nel dubbio, aspettando l'ultima prova. Vertigini la prendevano al levarsi, quand'ella metteva a terra i piedi; sfinimenti vaghi la invadevano su la sera, fievolezze in cui il pensiero, la volontà, i ricordi parevano quasi avere la confusione, la sonnolenza fluttuante delle prime ore mattutine. Ella faceva le cose per abitudine, con de' gesti di sonnambula, con una lentezza di donna stanca. Nella scuola, se veniva su 'l vento l'odore del pane caldo dal forno, ella si sentiva morire, sentiva come tutte le viscere montarle d'un tratto alla bocca: un sapore di lisciva le si spandeva nella lingua. Un giorno, mentre un bimbo succhiava delle ciliege, una voglia violenta di quel frutto la fece contorcere su la sedia, impallidire e sudare. Poi, ella, dopo il pasto, tutta amara di nausea, si metteva lunga su 'l letto, si lasciava occupare dal sopore: il caldo era pesante, le mosche ronzavano, le grida d'un venditore di occhiali passavano sotto la finestra, rauche nel silenzio.

Sfiduciata, ella non cercò più la chiesa: l'incenso anche la ributtava.

Ella non pensò più a Marcello; non lo vide più, non ebbe di lui che un ricordo incerto, come d'un sogno remoto: l'ansia presente l'assorbiva tutta.

Lindoro saliva a portar l'acqua, come prima. Egli giungeva su rosso e stillante di sudore: posava le conche. lanciando sguardi di sbieco a Giuliana. Giuliana si ritirava nell'altra stanza o si curvava su 'l lavoro: nelle sue guance le strette convulse dei denti mettevano piccoli moti di collera repressa: i suoi occhi si intorbidavano.

Lindoro se ne andava, come un cane frustato; ma il pensiero di aver posseduto quella donna gli turbava il sangue: avrebbe voluto ora trascinarsela con sé, tenersela, esserne il padrone come di una merce da usare e da vendere. Cupidigia sensuale e avidità di guadagno allora in lui si mescolavano.

Una sera egli aspettò che Camilla uscisse, alla porta di strada; poi salì a precipizio per sorprendere Giuliana, per trovarla sola nella casa. Quando egli batté all'uscio Giuliana lo riconobbe e si sentì rimescolare.

- Che vuoi da me, che vuoi? - chiese ella con la voce soffocata, senza aprire.

- Sentimi un momento, sentimi! Non aver paura; non ti faccio male...

- Vattene, cane, infame, assassino... - proruppe la donna, con una veemenza stridente di vituperii, togliendo il freno a tutto l'odio accumulato contro di lui. - Vattene, vattene!

E, sfinita, si ritrasse nella sua stanza, si gettò su i guanciali mordendoli fra le lacrime. Un tremito violento la scuoteva tutta, un irrigidimento convulsivo delle mascelle le rendeva dolorosi i singulti.

 

 


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