Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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2 - FAVOLA SENTIMENTALE

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S'inoltrarono pe 'l viale delle robinie, soli. Su la coppia era un galleggiamento floscio di foglie; e un odore di fiori morti esalava dai grappoli flosci, un odore indistinto, nella crescente malinconia.

L'ora non penetrava l'anima di Vinca: ella veniva cantarellando un'arietta di Suppè, con certi ondeggiamenti spavaldi del capo.

- Dio mio, parlate un poco: ditemi de' versi, fatemi pure de' madrigali - ruppe ella finalmente. - Ma parlatemi di qualche cosa! O volete che ascoltiamo il lamento delle foglie moribonde e le voci del vespro e le avemarie languide, sospirando? Ah!...

Ed ella sospirò, con una grazia adorabile, levando il bianco degli occhi al cielo.

- No, no, signora - fece ridendo Cesare: e nel riso gli si scoprirono le file nitide ed eguali dei denti, sotto i baffi castanei. Egli non era brutto: un pallore gentile gli occupava la faccia, onde le linee irregolari si attenuavano. Su quel pallore i chiari occhi miopi, quasi sempre socchiusi, talvolta si dilatavano smisuratamente e le iridi vinte dalla pupilla parevano talvolta due buchi neri.

- No, no, signora zia - ripeté con uno strascico di voce.

- Sentite, nipote, che odore?

- Sento l'odore della violetta - disse Cesare con una dolcezza melodiosa.

Le risa scampanellarono vivamente sotto la tranquilla volta vegetale.

- Ah, nipote; voi avete fatto il primo verso d'un sonetto o un principio di dichiarazione? Che ingenuità audace! Voi cominciate a farmi tremare. Scostatevi.

Ed ella voleva liberarsi dal braccio di lui, con un'aria di canzonatura e di paura; ma Cesare la tenne prigione sotto la stretta.

- Restate, zia. Io sono innocente.

Facevano così, per gioco. Però Cesare quando nel trattenerla le prese la mano senza guanto, sentì un brivido fine salirgli le ossa: e guardò quella piccola mano dalle dita lunghe, dalle unghie di ònice che aveva una emme profonda su la palma. Dal polso, di sotto ai braccialetti d'oro e d'argento niellato, certe vene verdognole si diramavano perdendosi nel misterio del casimiro, simili a infiltramenti di rame in un pezzo di alabastro.

- Restate, zia.

Erano dinanzi a una grande vasca solitaria. Su le acque inerti galleggiavano chiazze giallastre di putredine e certe foglie rossigne di cuoio si stendevano in greggia presso alli orli erbosi. Nel mezzo un gruppo di tritoni dalle code di pesce invigilava que’ silenzi che non più lo scroscio delli zampilli rompeva, da tempo; su la vecchia pietra i muschi e i licheni facevano come un manto tigrato; alla base le borracine si allungavano in verdi filamenti.

- Sediamo qui - disse Cesare, scoprendo un pezzo di rude bassorilievo atterrato fra le erbe. Egli si sentiva inquieto, mentre Vinca sedendo lo guardava con i vivi occhi pieni di misericordia.

- Qui, ai miei piedi, o Cesare - ella impose, con un tono scherzevole d'imperio.

- No, mai.

- Qui, ai miei piedi - ripeté.

- Eccomi, Vinca; tu vinci.

Facevano così per gioco. Ma Cesare co 'l capo quasi le toccava i ginocchii ed ella vedeva la nuca bianca del giovane, una nuca di Antinoo modellata squisitamente.

- Guardate, Cesare, le farfalle che cadono.

Ella indicava le foglie pioventi a una a una su le acque; ella voleva parlare, cominciava a temere il silenzio, cominciava a perdere l'arguzia a poco, a poco. Non aveva saputo dire che quella frase, comune e sentimentale in quel luogo, in quel momento.

- Guardate...

Ella respingeva dolcemente i tentativi timidi di carezze che Cesare faceva con le dita malferme su i nastri della veste; e quella timidezza la seduceva. Cesare non guardava le foglie; perché una piccola scarpa di lei luccicava in mezzo all'erba e su quella pelle iridata egli osservava i leggeri movimenti che Vinca ci metteva a tratti con le dita del piede stretto. E il pallore gli cresceva su 'l volto, perché, gualcendo egli uno dei nastri, le dita urtavano a lei un ginocchio.

- Si fa tardi: andiamo - fece la signora alzandosi. Le tremavano le parole.

Ma quando si sentì le gambe avviluppare dalle braccia di Cesare che era rimasto prostrato come uno schiavo e tendeva in alto la faccia smorta ove un conato di riso pugnava co 'l brividìo del desiderio.

- Traditore! - sussurrò ella, piegandoglisi flessuosamente su la bocca.

 

 


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