Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Il libro delle vergini
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3 - NELL'ASSENZA DI LANCIOTTO

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Da allora si lasciarono avviluppare e trascinare; Francesca per quella sua condiscendenza e fatuità obliosa dell'animo, Gustavo per quella sua cieca avidità di amare. E come l'amore soverchia e prostra ogni altro sentimento umano, essi ora abbandonavano l'inferma.

Era una triste opera, che compievano naturalmente. Li adescava fuori la stagione felice, li dilettava la grande aria, li penetrava da tutte le parti la vitalità straripante della terra vegetale Nella casa lo sforzo d'attenzione nel reprimere ogni voce, nel soffocare ogni rumore, li fastidiava e li irritava. Essi uscivano, stavano lungo tempo assenti, obliandosi; prediligevano i siti remoti; i rifugi protetti dalli alberi, i sentieri spersi tra le piantagioni. Gustavo portava nei ritrovi la foga della sua passione, tutte le veemenze della sua natura quasi vergine; Francesca la sua bella mobilità di aspetti, le piccole crudeltà della sua calma, la raffinatezza signorile della sensazione. Sfuggivano istintivamente da ogni cosa, da ogni circostanza di cose, che li potesse condurre a un ripiegamento della coscienza su se stessa. Nell' uscire, quasi sempre uno dei due diceva, come per giustificarsi:

- Pare che stia meglio; è vero? Non si lamenta mai.

E andavano.

Ma Donna Clara, in quella stanza nuda, in faccia allo splendore che si riversava su 'l pavimento dalle imposte semichiuse, sentiva un grande accoramento cupo che la uccideva, si sentiva finire. Ella non aveva da prima indovinato: restava supina su 'l letto, lunghe ore, tenuta dal male, con li occhi già torbidi vuoti di sguardo, con le estremità di gelo, come s'ella avesse già cominciato a morire in una agonia lunga e senza sussulti. Aveva qualche volta nelle mani scarne quel cercare inquieto e incerto, quell'incresparsi vano delle dita che tentavano di prendere. Allora ella voleva bere, voleva la tazza per togliersi l'aridezza dalle fauci. Susanna veniva ogni tanto ad affacciarsi su l'uscio; si accostava, metteva la tazza alla bocca dell'inferma reggendole la nuca con una mano.

- Dove sono... loro?

- Eh, signora mia, chi lo può sapere?

Donna Clara trasaliva; Susanna aveva dette quelle parole con un accento perfido. - Dove andavano? Che facevano tanto tempo fuori? Ah, era dunque per questo? - Una luce subitanea la rischiarò; e, insieme al sospetto che ingigantiva rapidamente, una collera violenta d'improvviso la prese. - Ah, era dunque per questo? oh infami! oh infami! oh infami!

Entrava allora Eva, con un passo leggero, portando un fascio di fiori tra le braccia nude sino al gomito. Ella si avvicinò al letto, sorridendo; bellissima. Ma quando si sentì prendere la testa dalle mani umidicce e brucianti della vecchia, e si sentì su i capelli, su 'l collo, su le gote tante gocciole calde, tante lacrime cadere, e tra le lacrime si sentì cercare la fronte da quella bocca arida che aveva l'alito grave della malattia e udì rotto fra quel singhiozzare lacerante il nome del padre, ella sbigottita tentava liberarsi, prendere le mani che la tenevano, guardare nella faccia la vecchia; gridava soffocata:

Che hai? Che hai?...



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