Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le novelle della Pescara
Lettura del testo

2 - LA VERGINE ANNA

-1-

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

2 - LA VERGINE ANNA

 

-1-

 

Luca Minella, nato nel 1789 a Ortona in una delle case di Porta Caldara, fu marinaio. Nella prima giovinezza navigò per qualche tempo sul trabaccolo Santa Liberata, dalla rada di Ortona ai porti della Dalmazia, caricando legnami, frumento e frutta secche. Poi, per vaghezza di cambiar padrone, si mise al servizio di Don Rocco Panzavacante, e su una tanecca nuova fece molti viaggi in commercio d'agrumi al promontorio di Roto, che è una grande e dilettosa altura su la costa italica, tutta coperta da una selva di aranci e di limoni.

Su i ventisette anni egli si accese d'amore per Francesca Nobile; e dopo alcuni mesi strinse le nozze.

Luca, uomo di statura bassa e fortissimo, aveva una dolce barba bionda intorno al viso colorito; e, come le femmine, agli orecchi portava due cerchietti d'oro. Amava il vino ed il tabacco; professava una devozione ardente per il santo apostolo Tommaso; e, poiché era di natura superstizioso e inchinevole allo stupore, raccontava singolari avventure e meraviglie dei paesi d'oltremare e novellava delle genti dàlmate e delle isole adriatiche come di tribù e di terre prossime al polo.

Francesca, donna di gioventù già schiusa, aveva della razza ortonese la floridissima carne e i lineamenti molli. Ella amava la chiesa, le funzioni religiose, le pompe sacre, le musiche dei tridui; viveva in gran semplicità di costumi; e, poiché la sua intelligenza era fievole, credeva le più incredibili cose e lodava in ogni suo atto il Signore.

Dal congiungimento nacque Anna; e fu nel mese di giugno del 1817. Siccome il parto veniva difficile e si temeva di qualche sventura, il sacramento del battesimo fu amministrato sul ventre della madre, prima che uscisse alla luce l'infante. Dopo molto travaglio il parto si compì. La creatura bevve il latte dalle mammelle materne e crebbe in salute e in letizia. Francesca scendeva verso sera alla marina, con la poppante su le braccia, quando la tanecca doveva tornare carica da Roto; e Luca sbarcando aveva la camicia tutta odorosa dei frutti meridionali. Risalendo insieme verso le case alte, si fermavano allora un momento alla chiesa e s'inginocchiavano. Nelle cappelle già ardevano le lampade votive; e in fondo, a traverso i sette cancelli di bronzo, il busto dell'Apostolo luccicava come un tesoro. Le preghiere invocavano la benedizione celeste sul capo della figliuola. Nell'uscire, quando la madre bagnava la fronte di Anna con l'acqua della pila, gli strilli infantili echeggiavano a lungo per quelle navate sonanti come grandi conche di metallo puro.

L'infanzia di Anna passava pianamente, senza alcuno avvenimento notevole. Nel maggio del 1823 ella fu vestita da cherubino, con una corona di rose e un velo bianco; e, confusa in mezzo allo stuolo angelico, seguì la processione tenendo in mano un cero sottile. La madre nella chiesa volle sollevarla su le braccia per farle baciare il Santo protettore. Ma, come le altri madri sorreggenti gli altri cherubini spingevano in folla, uno dei ceri appiccò il fuoco al velo di Anna e d'improvviso la fiamma avvolse il corpo tenerello. Un moto di paura si propagò allora nella moltitudine, e ciascuno tentava d'essere primo ad uscire. Francesca, se bene aveva le mani quasi impedite dal terrore, riuscì a strappare la veste ardente; si strinse contro il petto la figliuola nuda e tramortita; gittandosi dietro ai fuggenti, invocava Gesù con alte grida.

Per le ustioni Anna stette inferma lungo tempo in pericolo. Ella giaceva nel letto, con l'esile faccia esangue, senza parlare, come fosse diventata muta; e aveva negli occhi aperti e fissi un'espressione di stupore immemore più che di dolore. Nell'autunno guarì; e andò ad appendere un vóto.

Quando la temperie era dolce, la famiglia scendeva nella barca pel pasto della sera. Sotto la tenda, Francesca accendeva il fuoco e sul fuoco metteva i pesci: l'odor cordiale degli alimenti si spandeva lungo il Molo mescendosi al profumo derivante dai verzieri della Villa Onofria. Il mare dinanzi era così tranquillo che si udiva a pena tra gli scogli il risucchio, e l'aria così limpida che la punta di San Vito si vedeva in lontananza emergere con tutto il cumulo delle case. Luca si metteva a cantare insieme con gli altri uomini; Anna faceva atto di aiutare la madre. Dopo il pasto, come la luna saliva il cielo, i marinai apprestavano la tanecca per salpare. Intanto Luca, nel calore del vino e del cibo, preso da quella sua naturale avidità di narrazioni mirabili, cominciava a parlare dei litorali lontani. - C'era, più in di Roto, una montagna tutta abitata dalle scimmie e da uomini dell'India, altissima, con piante che producevano le pietre preziose... - La moglie e la figlia ascoltavano, in silenzio, attonite. Poi le vele si spiegavano lungo gli alberi lentamente, tutte segnate di figure nere e di simboli cattolici, come vecchi gonfaloni della patria. E Luca partiva.

Nel febbraio del 1826 Francesca si sgravò d'un bimbo morto. Nella primavera del 1830 Luca volle condurre Anna al promontorio. Anna era allora su l'adolescenza. Il viaggio fu felice. Nell'alto mare incontrarono una nave di mercanti, una gran nave che faceva cammino per forza di immense vele bianche. I delfini nuotavano nella scia; l'acqua si moveva dolcemente intorno, scintillando, come se sopra vi galleggiassero tappeti di penne di paone. Anna seguì a lungo con gli occhi mai sazii la nave in lontananza. Poi una specie di nuvola azzurra sorse su la linea dell'orizzonte; ed era la montagna fruttifera. Le coste della Puglia si designavano a poco a poco sotto il sole. Il profumo degli agrumi veniva spandendosi nell'aria gioviale. Quando Anna discese su la riva, fu presa da un senso di letizia; e stette curiosa a guardare le piantagioni e gli uomini nativi del luogo. Il Padre la condusse nella casa di una donna non giovane che parlava con una lieve balbuzie. Restarono due giorni. Anna vide una volta il padre baciare la donna ospite su la bocca; ma non comprese. Al ritorno la tanecca era carica di aranci; e il mare era ancóra mite.

Anna conservò di quel viaggio un ricordo come di sogno; e, poiché per natura era taciturna, raccontò non molte cose alle coetanee che la incalzavano di interrogazioni.

 

 


«»

IntraText® (VA2) Copyright 1996-2013 EuloTech SRL