Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le novelle della Pescara
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2 - LA VERGINE ANNA

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Ma una tacita promessa di nozze fu data molti giorni dopo, in ottobre, nella prima natività dell'olio d'oliva e nell'ultima migrazione delle rondini. Con licenza di Donna Cristina, un lunedì Zacchiele condusse Anna alla fattoria dei colli, dov'era il frantoio. Uscirono da Portasale, a piedi, e presero la via Salaria, volgendo le spalle al fiume. Dal giorno della favola di Galeana e di Mainetto, essi provavano l'un verso l'altra una specie di trepidazione, un misto di temenza vergogna e rispetto. Avevano perduta quella bella familiarità d'una volta; parlavano poco insieme e sempre con un tal riserbo esitante, senza mai guardarsi nel volto, con incerti sorrisi, confondendosi talora per un subitaneo rossore, indugiando così in questi timidi bamboleggiamenti d'innocenza.

Camminarono in silenzio, da prima, ciascuno seguendo lo stretto sentiero asciutto che i passi dei viandanti avevano praticato su i due margini della via; e li divideva il mezzo della via fangoso e segnato di solchi profondi dalle ruote dei veicoli. Una libera gioia vendemmiale occupava le campagne: i canti del mosto per la pianura si avvicendavano. Zacchiele si teneva un poco indietro, rompendo a tratti a tratti il silenzio con qualche parola su la temperie, su le vigne, su la raccolta delle olive. Anna guardava curiosa tutti i cespugli rosseggianti di bacche, i campi lavorati, le acque dei fossi; e a poco a poco le nasceva nell'animo una letizia vaga, quale di chi dopo lungo tempo sia dilettato da sensazioni già innanzi conosciute. Come il cammino prese a volgere su pel declivio tra i ricchi oliveti di Cardirusso, chiaramente le sorse nell'animo il ricordo di Sant'Apollinare e dell'asino e del custode degli armenti. Ed ella sentì quasi rifluirsi al cuore tutto il sangue, d'improvviso. Quell'episodio obliato della sua giovinezza le si coordinò nella memoria con una perspicuità meravigliosa; l'imagine dei luoghi le si formò dinanzi; e nella scena illusoria ella rivide l'uomo dal labbro leporino, ne riudì la voce, provando un turbamento nuovo senza sapere perché.

La fattoria si avvicinava; fra gli alberi soffiava il vento facendo cadere le ulive mature; una zona di mare sereno si scopriva dall'altitudine. Zacchiele s'era messo a fianco della donna e la guardava di tratto in tratto con una pia supplicazione di tenerezza. - A che pensava ella dunque? - Anna si volse, con un'aria quasi di sbigottimento, come fosse stata colta in fallo. - A niente pensava.

Giunsero al frantoio, dove i coloni macinavano la prima raccolta delle olive cadute precocemente dall'albero. La stanza delle macine era bassa e oscura: dalla volta luccicante di salnitro pendevano lucerne di ottone e fumigavano; un giumento bendato girava una mola gigantesca, con passo regolare; e i coloni, vestiti di certe lunghe tuniche simili a sacchi, nudi le gambe e le braccia, muscolosi, oleosi, versavano il liquido nelle giare, nelle conche, negli orci.

Anna si mise a considerare l'opera, attentamente; e, come Zacchiele impartiva ordini ai faticatori, e girava tra le macine, osservando la qualità delle olive con una grande sicurezza di giudice, ella sentì per lui in quel momento crescere l'ammirazione. Poi, come Zacchiele dinanzi a lei prese un gran boccale colmo e versando nell'orcio quell'olio purissimo e luminoso nominò la grazia di Dio, ella si fece il segno della croce, tutta compresa di venerazione per l'opulenza della terra.

Venivano intanto su la porta le due femmine della fattoria; e ciascuna teneva contro il seno un poppante, e si traeva un bel grappolo di figliuoli dietro le gonne. Si misero a conversare placidamente; e, poiché Anna tentava di accarezzare i fanciulli, ciascuna si compiaceva della propria fecondità, e con una ridente onestà di parola ragionava dei parti. La prima aveva avuto sette figliuoli; la seconda undici. - Era la volontà di Gesù Cristo; e per la campagna poi ci volevano braccia.

Allora la conversazione volse in materie familiari. Albarosa, una delle madri, fece molte domande ad Anna. - Ella non aveva avuto mai figliuoli? - Anna, nel rispondere che non s'era maritata, provò per la prima volta una specie di umiliazione e di rammarico, dinanzi a quella possente e casta maternità. Poi, cambiando discorso, ella tese la mano sul più vicino dei bimbi. Gli altri guardavano con occhi vasti che pareva avessero assunto un limpido color vegetale dallo spettacolo continuo delle cose verdi. L'odore delle olive infrante si spandeva nell'aria, ed entrava nelle fauci ad eccitare il palato. I gruppi dei faticatori apparivano e sparivano sotto il rossore delle lucerne.

Zacchiele, che fino a quel momento aveva invigilato su la misura dell'olio, si accostò alle donne. Albarosa lo accolse con un volto festevole. - Quanto voleva aspettare Don Zacchiele a prender moglie? - Zacchiele sorrise con un po' di confusione, a quella domanda; e diede un'occhiata sfuggente ad Anna che accarezzava ancóra il bimbo selvatico e fingeva di non aver inteso. Albarosa, per una benevola arguzia contadinesca, riunendo visibilmente con l'ammiccar degli occhi bovini il capo d'Anna e quello di Zacchiele, seguitò le incitazioni. - Erano una coppia benedetta da Dio. Che aspettavano? - I coloni, avendo sospesa l'opera per attendere al pasto, facevano in torno cerchia. E la coppia, anche più confusa per quella testimonianza, restava muta in un'attitudine tra di sorriso tremulo e di pudica modestia. Qualcuno dei giovini fra i testimoni, esilarato dalla faccia amorosamente compunta di Don Zacchiele, sospingeva con urti di gomiti i compagni. Il giumento nitrì, per fame.

Fu apprestato il pasto. Un'attività diligente invase la gran famiglia rustica. Su lo spiazzo, all'aperto, tra gli olivi pacifici e in conspetto del sottostante mare, gli uomini sedevano alla mensa. I piatti dei legumi conditi d'olio novello fumavano; il vino scintillava nelle semplici forme liturgiche dei vasi; e il cibo frugale dispariva rapidamente entro gli stomachi dei faticatori.

Anna ora si sentiva come assalire da un tumulto di giubilo, e si sentiva d'un tratto quasi legata da una specie di dimestichezza amichevole con le due donne. Queste la condussero nell'interno della casa, dove le stanze erano larghe e luminose benché antichissime. Su le pareti le imagini sacre si alternavano con le palme pasquali; provvigioni di carni suine pendevano dai soffitti; i talami dal pavimento si elevavano ampi ed altissimi con accanto le culle; da tutto emanava la serenità della concordia familiare. Anna, considerando quell'ordine, sorrideva timidamente a una dolcezza interiore; e in un punto fu presa da una strana commozione quasi che tutte le sue latenti virtù di madre casalinga e i suoi istinti di allevatrice fremessero e insorgessero d'improvviso.

Quando le donne ridiscesero su lo spiazzo, gli uomini stavano ancóra in torno alla tavola; Zacchiele parlava con loro. Albarosa prese un piccolo pane di frumento, lo divise nel mezzo, lo consperse d'olio e di sale, e l'offerì ad Anna. L'olio novello, allora allora gemuto dal frutto, spandeva nella bocca un saporoso aroma asprino; ed Anna allettata mangiò tutto il pane. Bevve anche il vino. Poi, come il vespro cadeva, ella e Zacchiele ripresero il cammino del declivio.

Dietro di loro i coloni cantarono. Molti altri canti sorsero dalla campagna e si dispiegarono nella sera con la piana larghezza di un salmo gregoriano. Il vento soffiava fra gli oliveti più umido; un chiarore moriente tra roseo e violaceo indugiava effuso pel cielo.

Anna camminò innanzi, con passo celere, rasente i tronchi. Zacchiele la seguì, pensando alle parole ch'egli voleva dire. Ambedue, da poi che si sentivano soli, provavano una trepidazione infantile. A un punto Zacchiele chiamò la donna per nome; ed ella si volse umile e palpitante. - Che voleva? - Zacchiele non disse più altro; fece due passi, giunse al fianco di lei. E così continuarono il cammino, in silenzio, finché la via Salaria non li divise. Come nell'andare, essi presero ciascuno il sentiero del margine, a destra e a manca. E rientrarono a Portasale.

 

 


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