Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le novelle della Pescara
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2 - LA VERGINE ANNA

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Nella grande alluvione dell'ottobre (1857) Zacchiele morì. La cascina dov'egli abitava, nei dintorni dei Cappuccini, fuori di Porta Giulia, fu invasa dalle acque. Le acque inondarono tutta la campagna, dal Colle d'Orlando fino al Colle di Castellammare; e, poiché avevano attraversato vastissimi sedimenti d'argilla, erano sanguigne come nella favola antica. Le cime degli alberi emergevano qua e su quel sangue melmoso ed estuoso. Per intervalli, dinanzi al forte passavano in precipizio tronchi enormi con tutte le radici, masserizie, materie di forme irriconoscibili, gruppi di bestiami non ancóra morti che urlavano e sparivano e riapparivano e si perdevano in lontananza. I branchi dei bovi, in ispecie, davano uno spettacolo mirabile: i grossi corpi biancastri s'incalzavano l'un l'altro, le teste si ergevano disperatamente fuori dell'acqua, furiosi intrecciamenti di corna avvenivano nell'impeto del terrore. Come il mare era di levante, le onde alla foce rigurgitavano. Il lago salso della Palata e gli estuarii si riunirono col fiume. Il forte divenne un'isola perduta.

Nell'interno le vie si sommersero; la casa di Donna Cristina ebbe la linea delle acque sino a metà della scala. Il fragore cresceva di continuo, mentre le campane sonavano a distesa. I forzati, dentro le carceri, urlavano.

Anna, credendo a qualche supremo castigo dell'Altissimo, ricorse alla salvezza delle preghiere. Il secondo giorno, come salì su la sommità della colombaia, non vide che acque e acque in torno sotto le nuvole, e scorse poi cavalli sbigottiti che galoppavano in furia su le troniere di San Vitale. Discese, stupida, con la mente sconvolta; e la persistenza del fragore e l'oscurità dell'aria le fecero smarrire ogni nozione del luogo e del tempo.

Quando l'alluvione cominciò a decrescere, la gente del contado entrò nella citta per mezzo di palischermi. Uomini, donne e fanciulli, avevano su la faccia e negli occhi la stupefazione dolorosa. Tutti narravano fatti tristi. E un bifolco dei Cappuccini venne alla casa Basile per annunziare che Don Zacchiele se n'era andato a marina. Il bifolco parlava semplicemente, narrando la morte. Disse che in vicinanza dei Cappuccini certe femmine avevano legato i figliuoli lattanti su la cima di un grande albero per salvarli dall'acqua e che i vortici avevano sradicato l'albero trascinandosi le cinque creature. Don Zacchiele stava sul tetto con altri cristiani in un mucchio compatto, urlando; e il tetto stava già per sommergersi; e cadaveri d'animali e rami rotti venivano già a urtare contro i disperati. Quando finalmente l'albero dei lattanti passò di sopra, la violenza fu così terribile che dopo il suo passaggio non si vide più traccia di tetto né di cristiani.

Anna ascoltò senza piangere; e nella sua mente percossa il racconto di quella morte, con quell'albero dei cinque pargoli e con quelli uomini ammucchiati tutti sopra un tetto e con quei cadaveri di bestie che andavano a urtar contro, suscitò una specie di meraviglia superstiziosa simile a quella suscitatale da certe narrazioni del Vecchio Testamento. Ella salì con lentezza alla sua stanza, e cercò di raccogliersi. Il sole modesto splendeva sul davanzale; la testuggine in un angolo dormiva ricoverata sotto il suo scudo; un cinguettìo di passeri veniva dagli émbrici. Tutte queste cose naturali, questa usuale tranquillità della vita circonstante, a poco a poco la rasserenarono. Dal fondo di quella momentanea calma alfine sorse chiaro il dolore; ed ella chinò la testa sul petto, in un grande sconforto.

Allora le punse l'animo il rimorso d'aver serbato contro Zacchiele quella specie di muto rancore per tanto tempo; e i ricordi a uno a uno vennero ad assalirla; e le virtù del defunto le rifulgevano ora alla memoria più religiosamente. Poiché l'onda del dolore cresceva, ella si alzò, andò verso il letto, vi si distese bocconi. E i suoi singhiozzi risonavano tra il cinguettìo degli uccelli.

Dopo, quando le lacrime si arrestarono, la quiete della rassegnazione cominciò a discenderle nell'animo; ed ella pensò che tutte le cose della terra sono caduche, e che noi dobbiamo conformarci alla volontà del Signore. L'unzione di questo semplice atto d'abbandono le sparse sul cuore un'abbondanza di dolcezza. Ella si sentì libera da ogni inquietudine, e trovò il riposo in quell'umile e ferma confidenza. Da allora nella sua regola non fu che questa clausola: - La soprana volontà di Dio, sempre giusta, sempre adorabile, sia fatta in tutte le cose, sia lodata ed esaltata per tutta l'eternità.

 

 


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