Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le novelle della Pescara
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2 - LA VERGINE ANNA

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I cinque giorni della festa Anna visse così, dentro la chiesa, dall'ora mattutina fino all'ora in cui le porte si chiudevano, fedelissima, respirando quell'aria calda che le infondeva nei sensi un torpore beatifico, nell'anima una felicità piena di umiltà. Le orazioni, le genuflessioni, le salutazioni, tutte quelle formule, tutti quei gesti rituali ripetuti incessantemente, la istupidivano. II fumo dell'incenso le nascondeva la terra.

Rosaria, la figlia di Sblendore, intanto ne traeva profitto, movendo la pietà di lei con false querimonie e con lo spettacolo miserevole del vecchio paralitico. Ella era una femmina malvagia, esperta nelle frodi, dedita alla crapula; aveva tutta la faccia sparsa di umori vermigli e serpiginosi, i capelli canuti, il ventre obeso. Legata al paralitico dai comuni vizi e dalle nozze, ella insieme con lui aveva disperse in breve tempo le già scarse sostanze, bevendo e gozzovigliando. Ambedue nella miseria, inveleniti dalla privazione, arsi da sete di vino e di liquori ignei, affranti da infermità senili, ora espiavano il loro lungo peccato.

Anna, con uno spontaneo moto caritatevole, diede a Rosaria tutto il denaro tenuto per le elemosine, tutti i panni superflui; si tolse gli orecchini, due anelli d'oro, la collana di corallo; promise altri soccorsi. E riprese quindi il cammino di Pescara, in compagnia di Fra Mansueto, portando nel canestro la testuggine.

In cammino, come le case di Ortona si allontanavano, una gran tristezza scendeva su l'animo della donna. Stuoli di pellegrini volgevano per altre vie, cantando: e i loro canti rimanevano a lungo nell'aria, monotoni e lenti. Anna li ascoltava; e un desiderio senza fine la traeva a raggiungerli, a vivere così pellegrinando di santuario in santuario, di contrada in contrada, per esaltare i miracoli d'ogni Santo, le virtù d'ogni reliquia, le bontà d'ogni Maria.

- Vanno a Cucullo - le disse Fra Mansueto, accennando col braccio a un paese lontano. E ambedue si misero a parlare di San Domenico che protegge dal morso dei serpenti gli uomini, e le semenze dai bruchi; poi d'altri patroni. - A Bugnara, sul Ponte del Rivo, più di cento giumenti, tra cavalli asini e muli, carichi di frumento vanno in processione alla Madonna della Neve: i devoti cavalcano su le some, con serti di spighe in capo, con tracolle di pasta; e depongono ai piedi dell'imagine i doni cereali. A Bisenti, molte giovinette, con in capo canestre di grano, conducono per le vie un asino che porta su la groppa una maggiore canestra; ed entrano nella chiesa della Madonna degli Angeli, per l'offerta, cantando. A Torricella Peligna, uomini e fanciulli, coronati di rose e di bacche rosee, salgono in pellegrinaggio alla Madonna delle Rose, sopra una rupe dov'è l'orma di Sansone. A Loreto Aprutino un bue candido, impinguato durante l'anno con abbondanza di pastura, va in pompa dietro la statua di San Zopito. Una gualdrappa vermiglia lo copre, e lo cavalca un fanciullo. Come il Santo rientra nella chiesa, il bue s'inginocchia sul limitare; poi si rialza lentamente, e segue il Santo tra il plauso del popolo. Giunto nel mezzo della chiesa, manda fuora gli escrementi del cibo; e i devoti da quella materia fumante traggono gli auspicii per l'agricoltura.

Di queste usanze religiose Anna e Fra Mansueto parlavano, quando giunsero alla foce dell'Alento. L'alveo portava le acque di primavera tra le vitalbe non ancora fiorenti. E il cappuccino disse della Madonna dell'Incoronata, dove per la festa di San Giovanni i devoti si cingono il capo di vitalbe e nella notte vanno sul fiume Gizio a passar l'acqua con grandi allegrezze.

Anna si scalzò per guadare. Ella sentiva ora nell'animo un'immensa venerazione d'amore per tutte le cose, per gli alberi, per le erbe, per gli animali, per tutte le cose che quelle usanze cattoliche avevano santificato. E dal fondo della sua ignoranza e della sua semplicità sorgeva l'istinto dell'idolatria.

Alcuni mesi dopo il ritorno, scoppiò nel paese un'epidemia colerica; e la mortalità fu grande. Anna prestò le sue cure agli infermi poveri. Fra Mansueto morì. Anna n'ebbe molto dolore; e nel 1866, per la ricorrenza della festa, volle prendere congedo e rimpatriare per sempre, poiché vedeva in sonno tutte le notti San Tommaso che le comandava di partire. Ella prese la testuggine, le sue robe e i suoi risparmii; baciò le mani di Donna Cristina, piangendo; e partì questa volta sopra un carretto, insieme con due monache questuanti.

A Ortona ella abitò nella casa dello zio paralitico; dormì su un pagliericcio; non si cibò se non di pane e di legumi. Dedicava tutte le ore del giorno alle pratiche della chiesa, con un fervore meraviglioso; e la sua mente vie più perdeva ogni altra facoltà che non fosse quella di contemplare i misteri cristiani, di adorare i simboli, d'imaginare il Paradiso. Ella era tutta rapita nella carità divina, era tutta compresa di quella divina passione che i sacerdoti manifestano sempre con gli stessi segni e con le stesse parole. Ella non comprendeva se non quell'unico linguaggio; non aveva se non quell'unico ricovero, tiepido e solenne, dove tutto il cuore le si dilatava in una pia securtà di pace, e gli occhi le s'inumidivano in un'ineffabile soavità di lacrime.

Soffrì, per amor di Gesù, le miserie domestiche; fu dolce e sommessa; non mai profferì un lamento, o un rimprovero, o una minaccia. Rosaria le sottrasse a poco a poco tutti i risparmii; e cominciò quindi a farle patire la fame, ad angariarla, a chiamarla con nomi disonesti, a perseguitarle la testuggine con insistenza feroce. Il vecchio paralitico metteva continuamente una specie di mugolìo rauco, aprendo la bocca ove la lingua tremava, onde colava in abbondanza la saliva continuamente. Un giorno, poiché la moglie avida beveva innanzi a lui un liquore e gli negava il bicchiere sfuggendo, egli si levò dalla sedia con uno sforzo, e si mise a camminare verso di lei: le gambe gli vacilavano, i piedi si posavano sul terreno con un'involontaria percussione ritmica. D'un tratto egli si accelerò, col tronco inclinato in avanti, saltellando a piccoli passi incalzanti, come spinto da un impulso irresistibile, finché cadde bocconi su l'orlo delle scale fulminato.

 

 


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