Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le novelle della Pescara
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3 - LA MORTE DEL DUCA D'OFENA

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Ora, mentre il duca d'Ofena, sicuro d'aver per quella notte almeno scongiurato ogni pericolo, era solo intento a custodire il piagnucolante Carletto, improvvisi bagliori si ripercossero in uno specchio e nuovi clamori si levarono tra il fischiar del libeccio, sotto il palazzo. Al tempo medesimo apparvero quattro o cinque servi, che il fumo aveva quasi soffocati mentre dormivano ubriachi nelle stanze basse. Essi non avevano ancóra riacquistati gli spiriti; barcollavano senza poter parlare poiché si sentivan la lingua torpida. Altri sopraggiunsero.

- Il fuoco! Il fuoco!

Tremavano gli uni addossati agli altri, come una greggia. La viltà nativa li occupava novamente. Avevano tutti i sensi ottusi, come in un sogno. Non sapevano quel che dovevano fare. Né ancóra la perfetta consapevolezza del pericolo li stimolava a cercare uno scampo.

Sorpreso, il duca dapprima restò perplesso. Ma Carletto Grua, vedendo entrare il fumo e udendo quel singolare ruggito che fanno le fiamme nel nutrirsi, si mise a strillare così acutamente e a far gesti così forsennati che Don Filippo si destò dal grave sopore in cui era caduto e vide la morte.

La morte era inevitabile. Il fuoco, sotto il costante soffio del vento, propagavasi con una stupenda celerità per tutta la vecchia ossatura dell'edifizio, divorando ogni cosa, suscitando da ogni cosa vampe mobili, fluide, canore. Le vampe correvano lievi su le pareti, lambivano le tappezzerie, esitavano un istante a fior del tessuto, si colorivano di tinte mutevoli e vaghe, penetravano nella trama con mille lingue sottilissime e vibranti, parevano infondere per un attimo nelle figure murali uno spirito, accendere per un attimo su la bocca delle ninfe e delle iddie un riso non mai veduto, muovere per un attimo le loro attitudini e i loro gesti immobili. Passavan oltre, in fuga sempre più luminosa; si avvolgevano alle suppellettili di legno, conservando fino all'ultimo la loro forma, così da farle apparire tutte materiate di piropi che d'un tratto si disgregavano e s'incenerivano come per incanti. Le voci delle vampe erano innumerevoli; formavano un vasto coro, una profonda armonia, come d'una selva dai milioni di foglie, come d'un organo dai milioni di canne. Già appariva ad intervalli, nelle aperture fragorose, il cielo puro con le sue corone di stelle. Omai tutto il palazzo era in potere del fuoco.

- Salvami! Salvami! - gridò il vecchio, tentando invano di sorgere, sentendo già sotto di sé sprofondare il pavimento, sentendosi accecare dall'implacabile rossore. - Salvami!

Con uno sforzo supremo giunse a levarsi. E si mise a correre, col tronco inclinato innanzi, saltellando a piccoli passi incalzanti, come spinto da un irresistibile impulso progressivo, agitando le mani informi, finché cadde fulminato, già preda del fuoco, sgonfiandosi e rappigliandosi come una vescica.

Ora di tratto in tratto le grida del popolo aumentavano, e salivan più alto dell'incendio. I servi, pazzi di terrore e di dolore, mezzo riarsi, si precipitavano dalle finestre e venivano a cadere morti sul suolo; o mal vivi, ed eran finiti. Ad ogni caduta rispondeva un maggior clamore.

- Il duca! Il duca! - gridavano i barbari, malcontenti, perché volevano veder precipitare il tirannello col suo bagascione.

- Eccolo! Eccolo! È lui!

- Giù! Giù! Ti vogliamo!

- Muori, cane! Muori! Muori! Muori!

Su la porta grande, proprio in cospetto del popolo, apparve Don Luigi con le vesti in fiamme portando su le spalle il corpo inerte di Carletto Grua. Egli aveva tutto il volto bruciato, irriconoscibile; non aveva quasi più capelli, ne barba. Ma camminava a traverso l'incendio, impavido, non anche morto, poiché valeva a sostener gli spiriti quello stesso atroce dolore.

Da prima il popolo ammutolì. Poi di nuovo proruppe in urli e in gesti, aspettando con ferocia che la gran vittima venisse a spirargli dinanzi.

- Qui, qui, cane!

Ti vogliamo veder morire!

Don Luigi udì, a traverso le fiamme, l'ultime ingiurie. Raccolse tutta l'anima in un atto di scherno indescrivibile. Quindi voltò le spalle; e disparve per sempre dove più ruggiva il fuoco.

 

 

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