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Da quel giorno, tutte l'ore, tutti i momenti in cui Camilla non era nella casa, la tentazione diabolica la trascinava a quello spettacolo. Ella prima pugnava, vanamente, senza forze, lasciandosi vincere. Andava là con l'ansia sospettosa di chi va a un ritrovo di amore; ci restava lungo tempo, dietro la persiana quasi cadente, mentre i miasmi del lupanare la turbavano e la corrompevano.
Ella spiava tutto, acuendo lo sguardo, cercando di penetrare negli interni, cercando di scoprire qualche cosa tra i garofani che chiudevano le finestre. Il sole era caldo e pesante: sciami d'insetti turbinavano nell'aria. Ad intervalli, quando entrava nel vicolo qualche uomo, venivano dalle finestre i richiami delle aspettanti: femmine discinte, con il seno scoperto, uscivano fuori ad offerirsi. L'uomo spariva in una delle porte oscure con l'eletta. Le deluse gittavano scherni e risa dietro la coppia, e si rimettevano all'agguato tra i garofani.
Così, nella vergine, si accendeva la brama. Il bisogno dell'amore, prima latente, si levava ora da tutto il suo essere, diventava una tortura, un suplizio incessante e feroce da cui ella non sapeva difendersi.
Un fiotto di sanità caldo la riempiva; certe sùbite allegrezze le muovevano il sangue, le suscitavan nel petto quasi battimenti d'ale, le inspiravano canti nella bocca. A volte un soffio, uno di quei piccoli fremiti dell'aria che si dilata sotto il sole, una canzone di mendicante, un odore, un nulla bastava a darle smarrimenti vaghi, abbandoni in cui le pareva di sentire su tutte le membra come il passaggio carezzevole del velluto d'un frutto maturo. Ella era così librata e perduta in abissi ignoti di dolcezza. L'irritazione della continenza, la sovrabbondanza insolita de' succhi, quel distendersi continuo dei nervi sotto gli stimoli la tenevano in una specie di stordimento simile al primo stadio dell'ebrezza. Il passato si dileguava, si assopiva in fondo alla memoria, non risorgeva più. E in ogni ora, in ogni luogo il desiderio le tendeva insidie: i Santi delle mura, le Madonne, i Cristi crocefissi ignudi, le piccole figure di cera deformi, tutte le cose in torno, prendevano per lei apparenze impure. Da tutte le cose l'impurità emanava e le alitava su la persona, affocantemente.
- Ecco, ora scendo nella strada - diceva ella a sé stessa, non reggendo più.
Poi le mani le tremavano su la porta, nell'aprire. Lo stridore del chiavistello scorrente negli anelli la sbigottiva. Ella tornava in dietro, si gettava sul letto quasi svenendosi, livida, sotto una larva d'uomo.