Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Le novelle della Pescara
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5 - IL TRAGHETTATORE

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Tutte queste vicende ripensava la vecchia signora, sotto la pergola, nel giardino tranquillo. Che cosa ora dunque la tratteneva dal rivedere il figlio? Ella avrebbe avuto la forza di reprimersi; ella non si sarebbe svelata, no. Le bastava di rivederlo, il figlio suo, quello ch'ella aveva tenuto su le braccia un giorno solo, tanti anni a dietro, tanti, tanti anni! Era cresciuto? Era grande? Era bello? Com'era? E mentre così interrogava sé stessa, nel fondo del suo spirito ella non giungeva a raffigurarsi l'uomo. Sempre in lei l'imagine dell'infante persisteva, si sovrapponeva ad ogni altra imagine, vinceva con la nitida chiarezza delle sue forme ogni altra forma fantastica che tentasse di sorgere. Ella non preparava l'animo, si abbandonava debolmente al sentimento indeterminato. Il senso della realtà in quel momento le mancava.

- Io lo vedrò! Io lo vedrò! - ripeteva in sé stessa, inebriandosi.

Le cose in torno tacevano. Il vento faceva incurvare i roseti che, passato il soffio, seguitavano a muoversi pesantemente. Gli zampilli scintillavano e guizzavano, tra il verde, come stocchi.

Donna Laura stette un poco in ascolto. Dal silenzio, nell'ora pànica, sorgeva qualcosa di grande e di inesorabile, che le infuse nell'animo uno sgomento misterioso. Ella esitò. Poi si mise pel viale, da prima con passi rapidi; giunse al cancello tutto abbracciato dalle piante e dai fiori; sostò, per guardarsi in dietro: aprì. Dinanzi a lei la campagna si stendeva deserta sotto il meriggio. Le case di Penti in lontananza biancheggiavano su l'azzurro del cielo, con un campanile, con una cupola, con due o tre pini. Il fiume si svolgeva nella pianura, tortuoso e lucentissimo, toccando le case.

Donna Laura pensò: - Egli è . - E tutte le sue fibre di madre vibrarono. Animata, riprese a camminare, guardando dinanzi a sé con gli occhi che il sole fastidiva, non curando il calore. A un certo punto della strada cominciarono gli alberi, magri pioppetti tutti canori di cicale. Due femmine scalze, ciascuna con un cesto sul capo, venivano incontro.

- Sapete la casa di Luca Marino? - chiese la signora, presa da una voglia irresistibile di pronunziare quel nome a voce alta, liberamente.

Le femmine la guardarono, stupefatte, soffermandosi. Una rispose con semplicità:

- Noi non siamo di Penti.

Donna Laura, malcontenta, seguitò la via, provando già un poco di stanchezza nelle povere membra senili. Gli occhi, offesi dalla luce intensa, le facevano vedere alcune mobili macchie rosse nell'aria. Un leggero principio di vertigine le turbava il cervello.

Penti si avvicinava sempre più. I primi tuguri apparvero tra molte piante di girasoli. Una femmina, mostruosa per l'adipe, stava seduta sopra una soglia; ed aveva su quel gran corpo una testa infantile, gli occhi dolci, i denti schietti, il sorriso placidissimo.

- O signora, dove andate? - chiese la femmina, con un accento ingenuo di curiosità.

Donna Laura si accostò. Aveva il volto tutto infiammato e la respirazione corta. Le forze erano per mancarle.

- Mio Dio! Oh mio Dio! - gemeva ella reggendosi le tempie con le palme. - Oh mio Dio!

- Signora, riposatevi - diceva la femmina ospitale, invitandola ad entrare.

La casa era bassa ed oscura; ed aveva quell'odor particolare che hanno tutti i luoghi dove molta gente agglomerata vive. Tre o quattro bambini nudi, anch'essi col ventre così gonfio che parevano idropici, si trascinavano sul suolo, borbottando, brancicando, portando alla bocca per istinto qualunque cosa capitasse loro sotto le mani.

Mentre Donna Laura seduta riprendeva le forze, la femmina parlava oziosamente, tenendo fra le braccia un quinto bambino, tutto coperto di croste nerastre tra mezzo a cui si aprivano due grandi occhi, puri ed azzurri, come due fiori miracolosi.

Donna Laura domandò:

- Qual è la casa di Luca Marino?

L'ospite col gesto indicò una casa rossiccia, all'estremità del paese, in vicinanza del fiume, circondata quasi da un colonnato di alti pioppi.

- È quella, perché?

La vecchia signora si sporse per guardare.

Gli occhi le dolevano feriti dalla luce solare, e le palpebre le battevano forte. Ma ella stette qualche minuto in quell'attitudine, respirando con fatica, senza rispondere, quasi soffocata da una sollevazione di sentimento materno. - Quella dunque era la casa del suo figliuolo? - Subitamente, le apparvero l'interno della stanza lontana, il paese di Provenza, le persone, le cose, come nel bagliore di un lampo, ma evidenti, nettissimi. Ella si lasciò ricadere su la sedia, e rimase muta, confusa, in una specie di ottusità fisica proveniente forse dall'azione del sole. Negli orecchi aveva un ronzìo continuo.

Disse l'ospite:

- Volete passare il fiume?

Donna Laura fece un cenno fievole, incantata da un turbinìo di circoli rossi che le si producevano nella retina.

- Luca Marino porta uomini e bestie da una riva all'altra. Ha una barca e una chiatta - seguitò l'ospite. - Se no, bisogna andare fino a Prezzi a cercare il guado. È trent'anni che fa il mestiere! È sicurissimo, signora.

Donna Laura ora ascoltava, facendo uno sforzo per raccogliere i suoi spiriti che si disperdevano. Ma pure, dinanzi a quelle novelle del figliuolo, restava smarrita; quasi non comprendeva.

- Luca non è del paese - riprese la femmina grassa, trascinata dalla nativa loquacità. - L'hanno allevato i Marino che non avevano figliuoli. E un signore, non di qui, gli ha dotata la moglie. Ora vive bene; lavora, ma ha il vizio del vino.

La femmina diceva queste cose ed altre, con semplicità grande, senza malizia per l'origine sconosciuta di Luca.

- Addio, addio - fece Donna Laura, levandosi, presa da un vigore fittizio. - Grazie, buona donna.

Porse a uno dei bimbi una moneta; ed uscì alla luce.

- Per quella viottola! - le gridò dietro, indicando, l'ospite.

Donna Laura seguì la viottola. Un gran silenzio regnava intorno, e nel silenzio le cicale cantavano a distesa. Alcuni gruppi d'olivi contorti e nodosi sorgevano dal terreno disseccato. Il fiume, a sinistra, brillava.

- Ooh, La Martinaaa! - chiamò una voce, in lontananza, dalla parte del fiume.

Quella voce umana d'improvviso fece tremare le vene della vecchia. Ella guardò. Sul fiume navigava una barca, a pena visibile tra il vapor luminoso; e un'altra barca, ma a vela, biancheggiava a maggior distanza. Nella prima barca si scorgevano forme d'animali: erano forse cavalli.

- Ooh, La Martinaaa! - richiamò la voce.

Le due barche si avvicinavano l'una all'altra. Quello era il punto delle secche, dove i barcaiuoli pericolavano quando il carico pesava.

Donna Laura, ferma sotto un olivo, appoggiata al tronco, seguiva con lo sguardo la vicenda. Il cuore le palpitava con tanta violenza che le pareva i battiti empissero tutta la campagna circostante. Il fruscìo dei rami, il canto delle cicale, il lampeggìo delle acque, tutte le apparenze la turbavano, le si confondevano nello spirito col disordine della demenza. L'accumulamento lento del sangue nel cervello, per l'azione del sole, le dava ora una visione leggermente rossa, un principio di vertigine.

Le due barche, giunte a un gomito del fiume, non si videro più.

Allora Donna Laura riprese a camminare, un po' barcollante, come un'ebra. Le apparve un gruppo di case riunite intorno a una specie di corte. Sei o sette mendicanti meriggiavano ammucchiati in un angolo: le loro carni rossastre, maculate dalle malattie della cute, uscivano di tra i cenci; nei loro volti deformi il sonno aveva una pesantezza bestiale. Qualcuno dormiva bocconi, con la faccia nascosta tra le braccia piegate a cerchio. Qualche altro dormiva supino, con le braccia aperte, nell'attitudine del Cristo crocifisso. Un nuvolo di mosche turbinava e ronzava su quelle povere carcasse umane, denso e laborioso, come sopra un cumulo di fimo. Dalle porte socchiuse veniva un rumore di telai.

Donna Laura attraversò la piazzetta. Il suono de' suoi passi su le pietre fece risvegliare un mendicante che si levò su i gomiti e, tenendo gli occhi ancóra chiusi, balbettò macchinalmente:

- La carità, per l'amore di Dio!

A quella voce tutti i mendicanti si risvegliarono, e tutti sorsero.

- La carita, per l'amore di Dio!

- La carità, per l'amore di Dio!

La torma cenciosa si mise a seguitare la passante, chiedendo l'elemosina, tendendo le mani. Uno era storpio e camminava a piccoli salti, come una scimmia ferita. Un altro si trascinava sul sedere puntellandosi con ambo le braccia, come fanno con le zampe le locuste, poiché aveva tutta la parte inferiore del corpo morta. Un altro aveva un gran gozzo paonazzo e rugoso che ad ogni passo ondeggiava come una giogaia. Un altro aveva un braccio ritorto come una grossa radice.

- La carità, per l'amore di Dio!

Le loro voci erano varie, alcune cavernose e roche, altre acute e feminine come quelle degli evirati. Ripetevano sempre le stesse parole, con lo stesso accento, in un modo accorante.

- La carità, per l'amore di Dio!

Donna Laura, così inseguita da quella gente mostruosa, provava una voglia istintiva di fuggire, di salvarsi. Uno sbigottimento cieco la teneva. Avrebbe forse gridato, se avesse avuta la voce nella gola. I mendicanti le instavano da presso, le toccavano le braccia, con le mani tese. Volevano l'elemosina, tutti.

La vecchia signora si cercò nella veste, prese alcune monete, le lasciò cadere dietro di sé. Gli affamati si fermarono, si gittarono avidamente su le monete, lottando, stramazzando sul terreno, dando calci, calpestandosi. Bestemmiavano.

Tre rimasero con le mani vuote; e ripresero a seguitare la vecchia, incattiviti.

- Noi non l'abbiamo avuta! Noi non l'abbiamo avuta!

Donna Laura, disperata per quella persecuzione, diede altre monete, senza volgersi. La lotta fu tra lo storpio e il gozzuto. Ambedue presero. Ma un povero epilettico idiota, che tutti opprimevano e dileggiavano, non ebbe nulla; e si mise a piagnucolare, leccandosi le lacrime e il moccio che gli colava dal naso, con un verso ridicolo:

- Ahu, ahu, ahuuu!

 

 


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