Gabriele D'Annunzio: Opera omnia
Per la più grande Italia
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La sagra dei Mille

Orazione per la sagra dei Mille

I

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I

Maestà del Re d’Italia;

Popolo grande di Genova, Corpo del risorto San Giorgio;

Liguri delle due riviere e d’oltregiogo;

Italiani d’ogni generazione e d’ogni confessione, nati dell’unica madre, gente nostra, sangue nostro, fratelli;

e voi, miracolo mostrato dal non cieco destino, ultimi della sacra schiera sopravviventi in terra, o forse riappariti oggi dalla profondità della gloria per testimoniare agli immemori, agli increduli, agli indegni come veracemente un giorno respirasse in bocche mortali e moltiplicasse la forza delle ossa caduche quell’anima stessa che qui gira e solleva il bronzo durevole;

voi anche, discendenza carnale della Libertà e di Colui che nel bronzo torreggia, imagini vive della sua giovinezza indefessa, che perpetuate pel mondo il suo amore di terra lontana e la sua ansia di combattere i mostri;

e tra voi, ecco, le due Ombre astanti, simili ai Gemelli di Sparta, con nel mezzo del petto quel fonte di sangue che d’improvviso sparse l’odore della primavera italica sopra la melma guerreggiata dell’Argonna;

perché siete oggi qui convenuti, su questa riva oggi a noi misteriosa come quella che inizia un’altra vita, la vita di , la vita dell’oltre?

perché siamo qui raccolti come per fare espiazione, come per celebrare un sacrifizio, come per ottenere con la preghiera responso e comandamento?

Ciascuno di noi lo sa nel suo cuore devoto. Ma conviene sia detto, sotto questo cielo; affinché tutti, dalla maestà del Re all’operaio rude, noi ci sentiamo tremare d’amore come un’anima sola.

Oggi sta su la patria un giorno di porpora; e questo è un ritorno per una nova dipartita, o gente d’Italia.


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