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VI
Ed ecco il segno supremo, ecco il comandamento.
Questo era, questo è nell’ordine segreto del nostro Iddio.
D’angoscia in angoscia, d’errore in errore, di timore in timore, di presagio in presagio, di preghiera in preghiera, egli ci ha sollevati alla santità di questo mattino.
Mentre questo santo bronzo si struggeva nella fornace ruggente e la forma da riempiere si taceva nell’ombra della fossa fusoria, una più vasta fornace, una smisurata fornace s’accendeva «di spirital bellezza grande».
E non corbe di metallo bruto v’erano issate in sommo: ma, come i manovali gettano a uno a uno nel bacino i masselli, gli spiriti più generosi vi gettavano il meglio della virtù loro e incitavano i tardi e gli inerti con l’esempio.
Or ecco, alla dedicazione e sagra di questo compiuto monumento ci ha chiamati un messaggio d’amore.
E a questa sagra di popolo datore di martiri, per altissimo auspicio, è presente la maestà di Colui che, or è molt’anni, in una notte di lutto commossa da un fremito di speranze, salutammo Re eletto dal destino con segni che anch’essi ci parvero santi.
A questa sagra tirrena instituita da marinai è presente la maestà di Colui che chiamato dalla Morte venne dal Mare, che assunto dalla Morte fu Re nel Mare.
Risalutiamolo col vóto concorde. Fedele è a Lui il destino, ed Egli sarà fedele al destino.
Guarda Egli la statua che sta, la statua che dura; ma intento ode il croscio profondo della fusione magnanima.
Accesa è tuttavia l’immensa chiusa fornace, o gente nostra, o fratelli; e che accesa resti vuole il nostro Genio, e che il fuoco ansi e che il fuoco fatichi sinché tutto il metallo si strugga, sinché la colata sia pronta, sinché l’urto del ferro apra il varco al sangue rovente della resurrezione.
Già da tutte le fenditure, già da tutti i forami biancheggia e rosseggia l’ardore. Già il metallo si comincia a muovere. Il fuoco cresce, e non basta. La forza della fiamma più e più cresce, e non basta. Chiede d’esser nutrita, tutto chiede, tutto vuole.
Voluto aveva il Duce di genti un rogo su la sua roccia, che vi si consumasse la sua spoglia d’uomo, che vi si facesse cenere il triste ingombro; e non gli fu acceso.
Non catasta d’acacia né di lentisco né di mirto ma di maschie anime egli oggi domanda, o Italiani. Non altro più vuole.
E lo spirito di sacrifizio, che è il suo spirito stesso, che è lo spirito di colui il quale tutto diede e nulla ebbe, domani griderà sul tumulto del sacro incendio:
«Tutto ciò che siete, tutto ciò che avete, e voi datelo alla fiammeggiante Italia!»