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La legge di Roma L’accusa publica pronunziata nell’adunanza del popolo la sera del xiv maggio mcmxv |
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L’accusa publica pronunziata nell’adunanza del popolo la sera del
Udite. Udite. Gravissime cose io vi dirò, da voi non conosciute. State in silenzio. Ascoltatemi. Poi balzerete in piedi, tutti.
Noi siamo qui adunati per giudicare un delitto di alto tradimento e per denunziare al disprezzo e alla vendetta dei buoni cittadini il colpevole, i colpevoli.
Queste che proferisco non sono enfiate parole, ma sono la netta determinazione di un fatto avverato.
Il governo d’Italia, quello che iersera rassegnò il suo ufficio nelle mani del Re, aveva abolito il 4 di maggio, alla vigilia della sagra di Quarto, il trattato della Triplice Alleanza. Lo aveva dichiarato, nei riguardi dell’Austria, decaduto e nullo. Della formula stessa io posso affermare l’esattezza. Ripeto: decaduto e nullo.
Il governo d’Italia, quello che iersera rassegnò il suo ufficio nelle mani del Re, aveva in conseguenza preso accordi precisi con un altro gruppo di nazioni, impegni gravi, definitivi, rafforzati da uno scambio di piani strategici, da un disegno di azione militare combinata.
Questo è vero, questo è inoppugnabile. Di questo io ebbi comunicazione certa, prima di lasciare la Francia, dove ufficiali del nostro stato maggiore e della nostra marina erano giunti e operavano. Dunque, da una parte trattato abolito, dall’altra accordo definito. Rivendicato l’onore del paese da una parte, vincolato l’onore del paese dall’altra. La «fusione magnanima», la quale fu augurata a Quarto, era per compiersi. I dissidii si pacificavano.
La necessità ideale aveva ragione d’ogni miseria politica. L’esercito era volonteroso e fidente. Esempi di virtù civica cominciavano già a splendere sul tumulto sedato. Il buon fermento faceva già levare la massa inerte.
Ed ecco lo sforzo doloroso di mesi e mesi interrotto da un’aggressione improvvisa e ignobile. Voi tutti conoscete le cause e i procedimenti. Questa aggressione è inspirata, instigata, aiutata dallo straniero. È fatta da un uomo di governo italiano, da membri del Parlamento italiano, in commercio con lo straniero, in servizio dello straniero, per avvilire, per asservire, per disonorare l’Italia a vantaggio dello straniero.
Questo è palese, questo è inoppugnabile.
Udite. Il capo dei malfattori, la cui anima non è se non una gelida menzogna articolata di pieghevoli astuzie in quella guisa che il tristo sacco del polpo è munito d’abili tentacoli, il conduttore della bassa impresa conosceva l’abolizione del primo trattato, conosceva la definizione del nuovo, l’una e l’altra compiute col consenso del Re.
Egli dunque tradisce il Re, tradisce la Patria; contro il Re, contro la Patria serve lo straniero. Egli è colpevole di tradimento, non per un modo di dire ingiurioso, non per eccesso di frase polemica, ma in realtà, ma in verità, secondo la figura nota di esso delitto.
Questo noi dobbiamo dimostrare al paese, questo dobbiamo stampare nella coscienza della nazione.
Udite. Udite. La Patria è in pericolo, la Patria è in punto di perdimento. Per salvarla da una ruina e da una ignominia irreparabili, ciascuno di noi ha il dovere di dare tutto sé stesso e d’armarsi di tutte le armi.
Un ministero formato dal signor Buelow sembra non avere l’approvazione del Re d’Italia. Ma i grassi e magri domestici del signor Buelow non si rassegneranno. Finché non sieno murati nelle lor basse cucine e cantine, essi cercheranno di intossicare la vita italiana, di contaminare fra noi ogni cosa bella e potente.
Per ciò, ripeto, ogni buon cittadino è soldato contro il nemico interno, senza tregua, senza quartiere. Se anche il sangue corra, tal sangue sia benedetto come quello versato nella trincea.
Sarà il Parlamento d’Italia riaperto il 20 di maggio? Il 20 di maggio è l’anniversario della portentosa marcia garibaldina sul Parco.
Celebriamolo precludendo l’ingresso agli sguatteri di Villa Malta e ricacciandoli verso il lor dolciastro padrone.
Nel Parlamento italiano gli uomini liberi, senza laide mescolanze, proclameranno la libertà e l’integrazione della Patria.