1.1 Introduzione Dal regolamento per l'organizzazione del Ministero dell'Ambiente (DPR 306 del 19/6/87) emerge chiaramente che le competenze del Servizio Conservazione della Natura riguardano tre settori: - aree protette; - flora; - fauna. A fornire uno strumento organico ed efficace per lo svolgimento delle attività connesse a questi delicati settori è giunta la legge quadro sulle aree protette (n. 394 del 6/12/91) che definisce il patrimonio naturale del paese come il complesso delle "..... formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico-ambientale.....". La suddetta legge quadro consente finalmente di mettere ordine in una materia assai complessa e di grande rilevanza socio-economica dopo una serie di interventi iniziati con la Legge n. 1497 del 29/6/39 che dava mandato al Ministro della Pubblica Istruzione di disporre un piano territoriale paesistico allo scopo di impedire che le aree delle località dichiarate come bellezze naturali d'insieme " ... siano utilizzate in modo pregiudizievole alla bellezza panoramica ... ". Dopo alcuni perfezionamenti di carattere procedurale definiti per la suddetta legge, si giunge alla redazione e approvazione di soli quattro piani in circa 30 anni. Nel frattempo, nel 1950, il Ministero dei Lavori Pubblici, con riferimento alla legge urbanistica, dispone che il piano territoriale di coordinamento dia prescrizioni relativamente "alle zone da riservare a speciali destinazioni e a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge", senza però ottenere risultati rilevanti. La Val d'Aosta, in quanto regione a statuto speciale, e successivamente anche le province di Trento e Bolzano emanano, la prima nel '60, le altre agli inizi degli anni '70, provvedimenti di "tutela del paesaggio" che, relativamente ad approvazione e successiva applicazione, subiscono fasi alterne. Per quanto riguarda le Regioni a statuto ordinario dopo il 1972, data di passaggio a loro delle competenze amministrative in materia, poco è stato fatto in attuazione delle disposizione dettate dalla legge del '39; nella maggior parte dei casi si è intervenuti con la sola apposizione di nuovi vincoli, mentre quasi mai sono stati redatti strumenti di pianificazione più organica come richiesto dalla legge del '39. Un nuovo momento significativo nella definizione delle politiche di intervento nella conservazione dell'ambiente naturale è rappresentato dall'approvazione, l'8 agosto 1985, della Legge n. 431, la cosiddetta "Legge Galasso", che imponeva alle Regioni, entro il 31/12/86, la redazione di piani per la definizione di una normativa specifica per l'uso e la valorizzazione ambientale del territorio di pertinenza. Allo scadere dei termini il Ministro dei Beni Culturali, competente in materia, poteva avvalersi dei poteri sostitutivi ed intervenire di conseguenza. Le diverse modalità di intervento previste dalla legge hanno portato alla produzione da parte delle Regioni di elaborati raggruppabili in tre tipologie diverse: - completamento formale di strumenti nati in origine con scopi di tipo urbanistico; - piani di tipo programmatico non posti ancora in attuazione; - prima componente di strumenti di tipo conoscitivo, precedentemente non disponibili. L'evoluzione nel tempo di questa problematica mostra come si sia sempre più andata consolidando la tendenza a decentrare verso le Regioni la responsabilità di definire e gestire le problematiche connesse con le aree protette. Una situazione più definita è quella delle aree protette in ambiente marino che vede nel DPR 2/10/69 n. 1639 un primo regolamento di definizione delle aree di tutela marina mentre l'art. 25 della Legge 31/12/82 n. 979 detta norme per l'individuazione e l'istituzione di una riserva marina. Per quanto riguarda la vegetazione in senso stretto, in Italia non esiste una legge quadro che provveda a definire criteri e modalità di tutela della flora spontanea fatta eccezione per alcune disposizioni riguardanti la raccolta, la preparazione e il commercio di alcune specie relativamente al loro valore nelle applicazioni farmaceutiche e/o agricolo-alimentari. Pertanto a partire dagli anni '30 sono state emanate leggi specifiche per la protezione di alcune specie arboree; con la Legge 5/8/81 n. 503, infine, l'Italia ha ratificato la convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19/9/79. A livello regionale si è invece pervenuti ad un ampio quadro di provvedimenti legislativi emanati secondo due modelli di riferimento: - individuazione delle specie da sottoporre a salvaguardia per il pregio floristico mediante strumenti di tutela basati su divieti assoluti o parziali di raccolta, distruzione o danneggiamento senza alcun riferimento organico al territorio sul quale sono situate le specie in esame; - tutela delle specie con specifico riferimento agli ambienti naturali e agli ecosistemi entro cui si localizza la specie stessa. Anche per quanto riguarda la tutela della fauna manca un dispositivo organico per la sua tutela. Il Ministero dell'Ambiente ha istituito una Commissione nazionale per la fauna che contribuisca alla preparazione di una proposta di legge quadro. Per quanto attiene alla normativa esistente si possono citare, perché significative, la Legge 14/8/91 n. 28 (norme quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), che prevede tra l'altro l'istituzione dell'anagrafe canina ed i programmi di prevenzione del randagismo, la Legge 7/2/92 n. 150 (disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3/3/73, di cui alla legge 19/12/75, n. 874, e del regolamento CEE n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica) e la nuova legge sulla caccia, Legge 11/2/92 n. 157 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). A livello europeo sono state attivati appositi gruppi di lavoro per la conservazione delle specie minacciate anche in attuazione di convenzioni internazionali a cui ha aderito anche l'Italia.
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