2.2 Analisi della normativa di settore
2.2.1 L'inquinamento atmosferico La legge 13 luglio 1966 n. 615, e i suoi regolamenti di esecuzione (DPR 22 dicembre 1970 n. 1391, DPR 15 aprile 1971 n. 322, DPR 22 febbraio 1971 n. 323) rappresentano il primo tentativo in Italia di proteggere l'ambiente dai fattori che inquinano l'atmosfera, regolamentando in maniera organica una materia precedentemente disciplinata da norme prive di una loro organicità, quali, ad esempio, gli artt. 216 e 217 del R.D. 25 luglio 1934 n. 1265 sulle lavorazioni industriali insalubri. La legge 615/66 intende regolamentare "l'esercizio di impianti termici nonché quello di impianti industriali e di mezzi motorizzati che danno luogo ad emissioni in atmosfera di fumi, polveri, gas e odori di qualsiasi tipo atti ad alterare le normali condizioni di salubrità dell'aria", individuando così tre fonti principali di inquinamento atmosferico: inquinamento da impianti termici, da industrie e da veicoli a motore. In particolare, l'art. 8 ha per oggetto il contenimento degli inquinanti provenienti da impianti di riscaldamento (cioè gli impianti domestici disciplinati dal DPR 1391/70), l'art. 20 quello degli impianti industriali e l'art. 12 quello degli scarichi da veicoli a motore. In base all'art. 2 di detta legge, il territorio nazionale è suddiviso in due zone, zona A e zona B, limitatamente alle quali devono essere svolti i controlli; l'appartenenza di ciascun comune all'una o all'altra zona viene stabilita in base alla localizzazione del comune, alle sue caratteristiche industriali , geografiche e metereologiche, nonché al numero di abitanti (tale ripartizione appare nel D.M. 23 novembre 1967). Viene istituita inoltre (art. 4), presso il Ministero della Sanità, una Commissione Centrale contro l'inquinamento atmosferico con il compito di esaminare qualsiasi materia inerente l'inquinamento atmosferico, esprimere pareri e promuovere studi e ricerche; a livello regionale, vengono invece istituiti i Comitati regionali (art. 5), con compiti analoghi. L'art. 7, infine, stabilisce che le amministrazioni provinciali debbano organizzare un servizio di rilevamento dell'inquinamento atmosferico, cui possono provvedere direttamente anche i singoli comuni. Dal punto di vista della ripartizione delle competenze, il DPR 616/77 (che trasferisce alle regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in ordine all'igiene del suolo e dell'inquinamento atmosferico, idrico, termico, acustico, ecc.) assegna allo Stato le seguenti competenze in materia di inquinamento atmosferico (art. 102): - la fissazione dei limiti minimi inderogabili d'accettabilità delle emissioni ed immissioni inquinanti nell'atmosfera e delle emissioni sonore; - la rilevazione nazionale dei fenomeni di inquinamento e la determinazione delle tecniche di rilevamento e dei metodi di analisi degli inquinamenti; - la determinazione, d'intesa con le regioni, di zone di controllo dell'inquinamento atmosferico a carattere interregionale ed il coordinamento delle attività delle regioni; - l'inquinamento atmosferico ed acustico da fonti veicolari, ad eccezione di quanto attribuito agli enti locali dall'art. 104, primo comma; - l'inquinamento acustico da sorgenti mobili connesse ad attività, opere o servizi statali; - il rilascio e la revoca del patentino di cui all'art. 16 della legge 615/66. L'art. 101 del DPR 616/77 trasferisce alle regioni le funzioni statali relative ai comitati regionali per l'inquinamento atmosferico (CRIA) e le funzioni concernenti: - la tutela dell'inquinamento atmosferico da impianti termici ed industriali e da qualunque altra fonte, con esclusione di quello prodotto da scarichi veicolari; - il controllo e la prevenzione dell'inquinamento acustico prodotto da sorgenti fisse, nonché quello prodotto da sorgenti mobili se correlate a servizi, opere ed attività trasferite alle regioni; - la formazione professionale degli addetti agli impianti termici. L'art. 104, infine, stabilisce le attribuzioni agli enti locali, che restano in sostanza quelle già attribuite loro dalla legge quadro 615/66. Per quanto riguarda le province, si tratta delle funzioni amministrative concernenti: - la prevenzione dell'inquinamento atmosferico; - la gestione dei servizi di rilevazione delle emissioni e di controllo degli impianti industriali. Ai comuni, invece, spettano le funzioni amministrative che riguardano: - il controllo dell'inquinamento atmosferico proveniente da impianti termici e il controllo, in sede di circolazione, dell'inquinamento atmosferico ed acustico prodotto da auto e motoveicoli; - la rilevazione, il controllo, la disciplina integrativa e la prevenzione delle emissioni sonore; - le autorizzazioni amministrative per l'installazione, trasformazione o ampliamento degli impianti. Successivamente al DPR 615/66, sono stati emanati altri provvedimenti prima di giungere all'emanazione del DPR 24 maggio 1988 n. 203, che recepisce alcune delle direttive CEE promulgate fino a quel momento. Tra questi provvedimenti ricordiamo il DPR 22 dicembre 1970 n. 1391, i due DPR n. 322 e 323 del 1971 e il DPCM 28 marzo 1983. Il DPR 1391/70 stabilisce le norme tecniche da applicare a tutti gli impianti termici di potenzialità superiore alle 30.000 Kcal/h, aventi le seguenti destinazioni: - riscaldamento di ambienti; - riscaldamento di acqua per utenze civili; - cucine (lavaggio stoviglie), sterilizzazioni e disinfezioni mediche; - lavaggio biancheria e simili; - distruzione rifiuti; - forni da pane e forni di altre imprese artigiane. Per i suddetti impianti termici il DPR stabilisce i requisiti tecnici e costruttivi, le norme per il controllo dei fumi emessi e le caratteristiche dei combustibili. Analogamente, il DPR 322/71 stabilisce criteri e norme tecniche da applicare ai veicoli con motore diesel, mentre il successivo DPR 323/71 si applica a tutti gli stabilimenti industriali di cui all'art. 20 della legge 615/66. Il DPCM 28/3/83 stabilisce i limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni e i limiti massimi di esposizione relativi ad inquinanti dell'aria nell'ambiente esterno, introducendo così standard di qualità dell'aria più rispondenti a criteri di maggiore e più rigorosa tutela dall'inquinamento atmosferico; tali limiti sostituiscono i valori fissati dalla normativa antecedente tale decreto, come, ad esempio, i limiti fissati nella tabella dell'art. 8 del DPR 322/71. In attuazione delle direttive CEE 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, viene finalmente emanato il DPR 24 maggio 1988 n. 203, che introduce nella normativa sull'inquinamento atmosferico, tra gli aspetti più innovativi, un quadro ben dettagliato delle nuove competenze in materia assunte dalle regioni e dalle province autonome (artt. 4 e 5), e una definizione maggiormente articolata delle procedure autorizzative per la realizzazione di nuovi impianti (artt. 6 - 19). Secondo l'art. 3, il Ministero dell'Ambiente, di concerto con il Ministero della Sanità e/o il Ministero dell'Industria, deve provvedere a: - fissare ed aggiornare: - i valori limite ed i valori guida di qualità dell'aria, validi su tutto il territorio nazionale, - le linee guida per il contenimento delle emissioni, nonché i valori minimi e massimi di emissione, - i metodi di campionamento, analisi e valutazione degli inquinanti e dei combustibili, - i criteri per l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili, - i criteri temporali per l'adeguamento progressivo degli impianti esistenti alla normativa del presente decreto; - predisporre i criteri per l'elaborazione dei Piani Regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria, tenuto conto delle esperienze regionali già acquisite; - redigere il Piano Nazionale di tutela della qualità dell'aria sulla base dei piani regionali, previa verifica della loro compatibilità; - individuare, sentite le regioni interessate, zone a carattere interregionale nelle quali, per la presenza di un maggior inquinamento atmosferico o per le loro caratteristiche paesaggistiche ambientali, sono stabiliti valori limite delle emissioni o valori limite di qualità dell'aria più restrittivi; - predisporre i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria, da effettuare con i sistemi di rilevamento regionali, nonché una relazione annuale sullo stato della qualità dell'aria formulata sulla base delle relazione e dei dati forniti dalle regioni; - predisporre i criteri per l'inventario nazionale delle fonti di emissione e al suo periodico aggiornamento sulla base dei dati forniti dalle regioni.
Alle regioni, invece, compete (art. 4): - la formulazione dei Piani di rilevamento, prevenzione, conservazione e risanamento del proprio territorio, nel rispetto dei valori limite di qualità dell'aria; - la fissazione dei valori limite di qualità dell'aria, compresi tra i valori limite e i valori guida ove determinati dallo Stato, nell'ambito dei piani di conservazione per zone specifiche nelle quali ritengono necessario limitare o prevenire un aumento dell'inquinamento dell'aria derivante da sviluppi urbani o industriali; - la fissazione dei valori di qualità dell'aria coincidenti o compresi nei valori guida, ovvero ad essi inferiori, nell'ambito dei piani di protezione ambientale per zone determinate, nelle quali è necessario assicurare una speciale protezione dell'ambiente; - la fissazione dei valori delle emissioni degli impianti, sulla base della migliore tecnologia disponibile e tenendo conto delle linee guida fissate dallo Stato e dei relativi valori di emissione; - la fissazione per zone particolarmente inquinate o per specifiche esigenze di tutela ambientale, nell'ambito dei piani di rilevamento di cui sopra, di valori limite delle emissioni più restrittivi dei valori minimi di emissione definiti nelle linee guida, nonché per talune categorie di impianti la determinazione di particolari condizioni di costruzione o di esercizio; - l'indirizzo e il coordinamento dei sistemi di controllo e di rilevazione degli inquinanti atmosferici e l'organizzazione dell'inventario regionale delle emissioni; - la predisposizione di relazioni annuali sulla qualità dell'aria da trasmettere ai Ministeri dell'Ambiente e della Sanità. Infine, l'art. 5 stabilisce che è competenza delle province la redazione e la tenuta dell'Inventario Provinciale delle Emissioni atmosferiche, redatto sulla base dei criteri individuati dalle autorità statali competenti ed attuato secondo le indicazioni organizzative della regione. Le tabelle allegate al DPR 203/88 fissano i valori limite e i valori guida di qualità dell'aria, nonché i metodi di prelievo e di analisi degli inquinanti dell'aria, ampliando o sostituendo talvolta tabelle analoghe allegate a decreti precedenti (è il caso, ad esempio, della tabella A del DPCM 28 marzo 1983). Seguono a questo decreto alcune norme sulla protezione della fascia di ozono (legge 4 luglio 1988 n. 277, legge 23 agosto 1988 n. 393), sulla limitazione delle emissioni di zolfo o dei sui flussi oltre confine (legge 27 ottobre 1988 n. 487 e n. 488), sui limiti alle emissioni di sostanze inquinanti originate da grandi impianti di combustione (D.M. 8 maggio 1989), da veicoli a motore (D.M. 5 giugno 1989), degli impianti industriali (D.M. 12 luglio 1990), ecc. I criteri di cui all'art. 3 del DPR 203/88 per l'elaborazione dei Piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria, vengono fissati nel D.M. 20 maggio 1991: tale decreto, oltre a fissare gli obiettivi del piano e le metodologie e criteri di elaborazione, istituisce la Commissione tecnico-scientifica piani di risanamento e tutela della qualità dell'aria, composta da rappresentanti del Ministero dell'Ambiente, del Ministero della Sanità e delle regioni. Porta la stessa data un analogo decreto che stabilisce i criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria, il riordino delle competenze per la vigilanza, il controllo, la gestione e l'esercizio dei sistemi di rilevamento pubblici, nonché la regolamentazione delle situazioni di inquinamento atmosferico che determinano stati di allerta e/o di emergenza. Con tale decreto si istituisce la Commissione tecnico-scientifica sistemi di rilevamento dei dati di qualità dell'aria, e si sancisce l'obbligo, per tutti i soggetti pubblici e privati titolari di sistemi di rilevamento di qualità dell'aria, di comunicare ai Ministeri dell'Ambiente e della Sanità e alla regione la scheda di identificazione del sistema (censimento dei sistemi di rilevamento) Dal 1991 ad oggi, sono stati emanati ulteriori decreti sull'inquinamento atmosferico, tra cui il DM 28/12/91 che recepisce la direttiva CEE 91/144 sulle emissioni di autoveicoli, il DPR 10/1/92 sul rilevamento dell'inquinamento urbano e, infine, il DM 6/5/92. Tale decreto formula norme specifiche sui criteri per la raccolta dei dati inerenti alla qualità dell'aria. In esso si definisce un sistema nazionale finalizzato al controllo dei dati ottenuti dalle reti di monitoraggio, e viene inoltre istituito il Comitato per l'inquinamento atmosferico ed il CENIA (Centro Nazionale per il rilevamento degli Inquinamenti Atmosferici).
2.2.2 L'inquinamento acustico Per quanto riguarda il problema dell'inquinamento acustico, non esiste attualmente in Italia una normativa quadro al riguardo. Fatta eccezione per alcune norme di attuazione di direttive CEE, come quelle che riguardano le emissioni acustiche derivanti da macchinari (D.M. 28 novembre 1987 n. 588) o da motocicli (D.M. 14 giugno 1988 n. 385), oppure relative alla circolazione stradale, il problema dell'inquinamento acustico è stato visto sempre insieme all'inquinamento atmosferico e trattato in alcuni articoli del DPR 616/77, come già citato in precedenza, e nella legge di istituzione del Ministero dell'Ambiente 349/86, che inserisce la tutela dell'inquinamento acustico tra le funzioni amministrative ad esso assegnate. Con il DPCM del 1 marzo 1991, però, si vede il tentativo di unificare tale normativa disomogenea e spesso contraddittoria: sono stati fissati i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno e determinate le tecniche di rilevamento e di misura dell'inquinamento acustico. La tabella 1 del decreto riporta una classificazione in zone, cui i comuni devono attenersi per la determinazione dei limiti massimi dei livelli sonori equivalenti, mentre la tabella 2 definisce, per ciascuna zona, i valori dei limiti massimi del livello sonoro, sia diurno che notturno. Le zone, o classi, individuate sono sei: classe I - aree particolarmente protette; classe II - aree prevalentemente residenziali; classe III - aree di tipo misto; classe IV - aree di intensa attività umana; classe V - aree prevalentemente industriali; classe VI - aree esclusivamente industriali. Infine, l'art. 4 stabilisce che le regioni devono fornire delle direttive affinché i comuni possano elaborare dei piani di risanamento che contengano: - l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare; - i soggetti a cui compete l'intervento; - le modalità ed i tempi per il risanamento ambientale; - la stima degli oneri finanziari ed i mezzi necessari; - le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica. La regione, in base alle proposte pervenute, predispone un piano regionale annuale di bonifica cui i comuni devono attenersi per l'esecuzioni dei singoli piani di risanamento.
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